Prima dell’arrivo dell’attuale generazione di campioni, da Nairo Quintana a Egan Bernal, il Ciclismo colombiano si era esaltato per un altro scalatore tanto talentuoso quanto sfortunato, Juan Mauricio Soler. Con la maglia della Barloworld guidata da Claudio Corti, Soler si mise in grande evidenza con il suo stile di corsa aggressivo, sempre generosamente all'attacco, conquistando anche una vittoria di tappa e la maglia a pois al Tour de France 2007. Purtroppo lo scalatore colombiano fu coinvolto in tanti incidenti, il più grave dei quali, avvenuto al Giro di Svizzera del 2011 quando lottava per la vittoria, gli troncò la carriera rischiando anche di portargli via la vita.
Soler: ‘Quando mi sono risvegliato non sapevo dove fossi’
Juan Mauricio Soler è stato uno dei corridori più spettacolari e generosi per un breve periodo tra il 2007 e il 2011. Classe ’83, colombiano di Ramiriquì, con i suoi attacchi continui in montagna riusciva ad infiammare le corse e a raccogliere grandi risultati, pur con tattiche spesso un po’ azzardate. Il punto più alto della sua carriera è stato il Tour de France 2007 in maglia Barloworld, sempre tra i più forti nelle tappe di salita, vincitore della frazione di Briancon davanti a Valverde, Evans e Contador e della maglia a pois. La sua carriera è stata poi costellata da tante cadute, dovute a qualche suo limite tecnico e a molta sfortuna.
Al Giro di Svizzera del 2011, quando era nel team Movistar è caduto rovinosamente nella sesta tappa rischiando la vita.
Soler è rimasto per 22 giorni in coma e pur avendo risalito una china che pareva impossibile, quell'incidente ha lasciato segni indelebili nella sua vita. “La mia memoria è stata completamente cancellata. Ora ho recuperato alcuni buoni ricordi” ha raccontato l’ex corridore in una diretta Instagram con la Federazione Colombiana.
Soler ha riportato un edema cerebrale in quella caduta avvenuta al Giro di Svizzera che ha segnato la fine della sua carriera, e in questi nove anni ha dovuto affrontare una lungo e faticoso percorso di riabilitazione per ricominciare a fare le attività più elementari come parlare e camminare.
“Quando mi sono svegliato 22 giorni dopo l’incidente non sapevo dove fossi.
Mi dissero che ero a Pamplona, ma non potevo esprimere quello che sentivo perché avevo perso la parola. Ho dovuto imparare di nuovo a parlare ed anche a camminare” ha raccontato Soler, che ha dovuto superare anche una trombosi. “È stata la tappa più difficile che ho dovuto vivere, ma grazie a Dio, alle cure e a mia moglie Patricia tutto questo è stato superato” ha ricordato l’ex ciclista colombiano.
‘Froome è un ragazzo di una semplicità unica’
Dopo anni di terapie e riabilitazioni, Juan Mauricio Soler è finalmente riuscito a risalire su una bicicletta, con un impegno completamente diverso da quando era un campione, ma con una gioia enorme. “Il giorno in cui il dottore mi disse che per me il ciclismo era finito e che non potevo più andare in bicicletta fu molto difficile.
Ma un giorno, quattro anni dopo l’incidente, sono salito su una mountain bike qui in Colombia. Ho abbassato la sella, sono riuscito a pedalare ed è stata una grande soddisfazione. Grazie a Dio ho avuto l’assistenza migliore, ma quando sono riuscito a salire in bici è stata la terapia migliore” ha raccontato Juan Mauricio Soler.
Da allora l’ex corridore della Barloworld riesce a fare qualche giro in bici di un’ora e durante una di queste passeggiate ha incontrato anche il suo ex collega Nairo Quintana. “Abbiamo fatto due o tre chilometri, è stato bello condividere quei momenti in bici con una persona come Nairo” ha raccontato Soler, che ai tempi della Barloworld ha avuto come compagno di squadra anche un giovanissimo e sconosciuto Chris Froome.
“Chris è un ragazzo eccezionale, di una semplicità unica, di un’umiltà impressionante. È lo stesso ragazzo di tanti anni fa, sempre un gentiluomo e molto calmo” ha ricordato Juan Mauricio Soler.
‘La bici è il giocattolo più bello che sia stato inventato’
Nonostante la professione del ciclista lo abbia portato ad un passo dalla morte, Juan Mauricio Soler conserva tutto il suo entusiasmo e la sua passione per la bicicletta. “Sono grato a Dio per aver conosciuto la bicicletta, è il più bel giocattolo che sia stato inventato ed ho avuto il privilegio di renderla parte della mia vita e farne il mio strumento di lavoro” ha dichiarato l’ex ciclista colombiano, che si è detto convinto di aver potuto correre ancora a lungo senza quella caduta del 2011.
“Sono soddisfatto del poco che ho fatto. Credo che avrei potuto correre fino a 35 anni, allora non si vedevano tanti veterani come adesso, ma se Valverde corre, anche io potevo essere con loro” ha concluso Soler.