Il regime alimentare è un tema di importanza sempre più centrale nel Ciclismo professionistico. Negli ultimi anni i corridori sono diventati sempre più magri, attenti ad ogni caloria ingerita, seguiti costantemente dai nutrizionisti che ormai ogni team ha nel proprio staff. Questa applicazione così rigida ha portato a un’ottimizzazione delle prestazioni dei corridori, ma ha posto anche dei dubbi su quale possa essere il limite oltre il quale non spingersi per non compromettere l’equilibrio psicofisico. L’ossessione per il peso e la percentuale di massa grassa ha aperto la porta anche a gravi disturbi alimentari di cui si parla troppo poco nel mondo del ciclismo.
È questo il caso di Janez Brajkovic, il corridore sloveno vincitore anche di un Giro del Delfinato, che ha raccontato la sua storia in un’intervista a Cyclingtips.
Brajkovic: ‘I risultati sono arrivati quando non avevo pressione’
Janez Brajkovic era arrivato al ciclismo professionistico nel 2005 con grandi aspettative dopo aver vinto il titolo Mondiale a cronometro tra gli under 23 nella stagione precedente, una gara in cui aveva battuto Thomas Dekker e Vincenzo Nibali. Tra i grandi il corridore sloveno ha avuto qualche acuto importante, come la vittoria al Giro del Delfinato 2010 battendo Contador, ma senza riuscire a confermare le premesse con cui aveva debuttato.
Brajkovic ha girovagato tra tante squadre, finendo nelle ultime stagioni ad una piccola formazione slovena, la Adria Mobil, ed ora sta cercando una nuova sistemazione per poter continuare la carriera nonostante i 37 anni e gli scarsi risultati ottenuti ultimamente.
In un’intervista e successivamente in un intervento sul proprio sito, il corridore sloveno ha parlato per la prima volta dei gravi problemi con cui ha convissuto in questi anni, della pressione psicologica che ha schiacciato le sue velleità e soprattutto della bulimia che ha messo a rischio la sua vita. “I miei risultati più grandi sono arrivati quando non c’era pressione su di me.
Il Mondiale a cronometro, il Delfinato, la maglia di leader alla Vuelta 2006. Nessuno se lo aspettava, quindi non avevo pressione. Poi è andato tutto in discesa” ha raccontato il corridore sloveno.
‘Nel ciclismo c’è la cultura del non parlare dei problemi alimentari’
Brajkovic ha poi parlato della sua discesa nell’inferno della bulimia, un disturbo innescato dall’ossessione del peso che vige nel ciclismo attuale.
“In passato potevi compensare il peso e l’alimentazione non ottimale con il doping. Negli ultimi anni questo succede molto meno. Ecco perché oggi c’è più attenzione sul cibo” ha raccontato il corridore sloveno, continuando a svelare particolari della sua esperienza diretta. “Confrontano continuamente il loro regime alimentare con quello degli altri corridori. Nei ritiri ho visto corridori pesati ogni mattina. Dopo l’allenamento veniva dato loro un pasto chetogenico, tutto pesato con precisione. Una volta a casa i corridori si lasciavano andare in termini di alimentazione” ha continuato Brajkovic puntando il dito contro questa cura dei particolari che il ciclismo moderno ha trasformato in ossessione.
Il racconto del corridore sloveno è diventato poi più intimo, una confessione che vuole rompere il tabù dei disturbi alimentari nel mondo del ciclismo. “Io non avevo amici e mi allenavo sempre da solo. A casa avevo un intero laboratorio per mascherare la mia malattia e fornire ai team dei dati affidabili, ma in realtà potevo mangiare 20.000 calorie e vomitarle. Stavo morendo per la bulimia” ha raccontato Brajkovic, che nei mesi scorsi ha finalmente cercato aiuto da uno psicologo per superare i suoi problemi. “Preferire raccontare la mia storia ai colleghi, ma questa è un’utopia in un mondo conservatore come il ciclismo. I manager sono ex corridori e c’è una cultura del non parlare dei tuoi problemi alimentari e della tua salute psicologica, fingi che tutto sia a posto” ha dichiarato Janez Brajkovic.