È passato ormai più di un decennio dall’addio al ciclismo professionistico di Gilberto Simoni, ma l’ex campione trentino continua a "dividere" gli appassionati. Fedele al suo carattere schietto e senza maschere, da vero montanaro, Simoni ha parlato in termini poco lusinghieri del suo rapporto con la nazionale azzurra in una lunga intervista a Tuttobiciweb.

Nonostante il suo palmares da campione, comprendente due Giri d’Italia, la conquista di varie tappe al Tour e alla Vuelta e classiche come il Giro dell’Emilia e il Giro dell’Appennino, lo scalatore trentino non ha mai trovato grande spazio con la nazionale.

Le sue presenze ai Mondiali sono state infatti due, a Plouay nel 2000 e a Lisbona nel 2001.

Simoni: ‘A Lisbona fui l’unico a fare la differenza’

Gilberto Simoni è stato convocato in nazionale solo a cavallo tra la breve esperienza da Ct di Antonio Fusi e l’inizio dell’era di Franco Ballerini. Nel 2000, con i Mondiali in programma a Plouay, in Francia, il corridore trentino fece parte di una spedizione poco fortunata, che raccolse solo un quarto posto con Michele Bartoli, un nono con Paolo Bettini e un decimo con Francesco Casagrande. La corsa si risolse con una volata tra 25 corridori, vinta da Romans Vainsteins, e mise in luce i primi screzi nel gruppo azzurro, che poi esplosero l’anno successivo ai Mondiali di Lisbona, la prima rassegna iridata in cui la nazionale fu guidata dal compianto Ct Franco Ballerini.

Nella corsa iridata di Lisbona, Gilberto Simoni andò all’attacco nell’ultimo giro, in un tratto di salita, riuscendo a guadagnare un buon vantaggio. In testa al gruppo però ci fu un altro azzurro, Paolo Lanfranchi, a lanciare l’inseguimento che poi fu continuato fruttuosamente dalle altre nazionali. Simoni fu così raggiunto e la corsa si risolse allo sprint con la vittoria di Oscar Freire davanti a Paolo Bettini.

“Al Mondiale di Lisbona 2001 c’era solo un cavalcavia e io sono stato l’unico a fare la differenza. Poi siamo arrivati in 100 allo sprint”, ha dichiarato con un tono un po’ polemico Simoni, ricordando l’episodio con cui chiuse la propria esperienza in nazionale.

‘L'Italia era come un gruppo sportivo’

Simoni ha parlato di una nazionale in cui non contavano i risultati e le prestazioni per avere una convocazione, ma l’appartenenza e la fedeltà al club, con un chiaro riferimento alla squadra più potente di quegli anni, la Mapei.

Il corridore trentino non ha fatto riferimento solo all’episodio clamoroso di Lisbona, quando fu inseguito da un azzurro tesserato per la Mapei, ma anche ai Mondiali del 2004 svolti a Verona. Simoni era in grande forma, aveva appena vinto il Giro del Veneto staccando diversi corridori poi convocati per quei Mondiali, ma non fu chiamato in azzurro per quella rassegna iridata.

“CT e Federazione non mi tenevano in considerazione. I Mondiali 2000 e 2001 sono stati molto tristi per me. Non meno dolorosa fu l’esclusione dal giro azzurro per la sfida iridata di Verona nel 2004, stagione in cui andai fortissimo. L’Italia a Verona schierò una squadra tipo Gruppo sportivo costruito non a tavolino, ma a tavola, anziché alle gare”, ha dichiarato Simoni. Parole che molto probabilmente sono destinate a far discutere negli ambienti ciclistici.