Claudio Chiappucci, classe 1963, è uno dei più amati ciclisti italiani. Ancora oggi restano nell'immaginario collettivo le sue lunghe fughe al Giro d'Italia e soprattutto al Tour de France oltre ai suoi successi come la Milano-Sanremo. Chiappucci, soprannominato El Diablo, ha dato vita con Gianni Bugno e Miguel Indurain a una delle rivalità che hanno acceso enormemente l'interesse degli appassionati nel ciclismo. Il corridore di Uboldo (Varese) oggi è ancora grande amante delle due ruote e frequenta l'ambiente per lavoro. In questa intervista esclusiva a Blasting News ha parlato della sua carriera, del “triangolo vizioso” che formava con Bugno e Indurain e della “troppa tecnologia” nel Ciclismo di oggi.

Blasting News: Non possiamo non iniziare dal Tour de France 1990: Chiappucci si rivela al grande pubblico e arriva secondo. Che ricordi ha di quel Tour?

"Quella è stata una corsa importantissima per la mia carriera. Lì mi sono mostrato sul palcoscenico internazionale, da lì ho capito che potevo avere qualche chance in più e quindi sapevo che dovevo dare anima e corpo".

Chiappucci: 'Sestriere 1992 è uno di quei casi particolari che rimangono nella storia'

Poi arriva il Tour del 1992 con la straordinaria impresa del Sestriere e un altro secondo posto dietro a Indurain: quella giornata la ritiene uno dei picchi della sua carriera?

"L'impresa è stata uno di quei casi particolari che rimangono nella storia.

Non li puoi prevedere, non sono azioni che puoi preparare ma sono azioni che arrivano così. Io non avrei mai pensato quel giorno di fare una cavalcata simile, ci ho creduto. Per come si era messa la gara in quel momento ho creduto a quello che stavo facendo. Sono stato davanti quasi 6 ore e tanto tempo da solo".

Ha qualche rimpianto per quei Tour conclusi al secondo posto o doveva andare così?

"Penso che sia inutile parlare di rimpianti perché allora saremmo tutti perfetti. Io ho fatto la mia bella carriera, ho dato soddisfazioni a tanti miei tifosi e anche a me e molte persone mi scrivono ancora oggi. In quel ciclismo con le cronometro, a mio avviso, troppo lunghe dovevo cercare di trovare delle alternative per provare a prendere dei minuti ai grandi di quel tempo come ad esempio Indurain.

A cronometro avevano un vantaggio enorme e la mia unica soluzione era cercare di creare dello scompiglio tutti i giorni".

E questa è una delle ragioni per le quali probabilmente lei è uno dei ciclisti più amati di quel periodo: concorda?

"I calcoli li facevo un po' anche io però poi viaggiavo a istinto che non è programmazione. É quello che ti viene al momento. Lì non era come nel ciclismo di oggi, tutto auricolari, tecnologia e perfezione: si studiava sulla carta una corsa, poi a volte partiva l'istinto anche senza organizzarsi con la squadra o con l'ammiraglia. L'istinto era il bello di quel ciclismo".

Claudio Chiappucci: 'Bugno e Indurain erano i miei stimoli'

Come viveva la rivalità con Bugno e Indurain?

"Loro erano i miei stimoli. Se hai avversari forti hai anche stimoli per lottare. Con Bugno da italiano e con Indurain, soprattutto nelle grandi corse a tappe, ci trovavamo in questo "triangolo vizioso". Era una parte del ciclismo che è piaciuta molto, il ciclismo vive del fatto che ci siano delle rivalità, la nostra era addirittura un trio".

Nel mezzo arriva anche la vittoria di una Milano-Sanremo: che sensazioni le ha dato?

"La Milano-Sanremo è stata una chicca. Quella è una gara molto difficile da vincere per un corridore come me. Ma io ci ho creduto. Era una corsa che, da italiano, tenevo a vincere, era un sogno nel cassetto che avevo da quando ero piccolo. Ho detto “vado, tanto non ho niente da perdere”: nessuno mi aspetta.

Ci ho messo un paio d'anni: è stata l'ultima Milano-Sanremo con una fuga da lontano. Il bello del ciclismo è cercare di stravolgere i piani".

Chiappucci: 'Con Marco Pantani abbiamo sempre avuto un bel rapporto'

Alla Carrera ha avuto come compagno un giovane Marco Pantani: che rapporto avevate e come lo descriverebbe?

"Abbiamo sempre avuto un bel rapporto, lui era il giovane emergente che arrivava. Il bello è che avevamo quasi le stesse caratteristiche. Sarebbe stato bello poter rimanere insieme. Era un ragazzo che aveva bisogno di persone intorno che gli dessero giusti consigli: era introverso, non parlava molto. Ma il ciclismo lo ha portato a esprimersi al meglio. Inventava al momento anche lui e ha ottenuto risultati straordinari, arrivandoci in silenzio".

Come è cambiato il ciclismo dai suoi tempi a quelli di oggi?

"In primo luogo oggi c'è tanta tecnologia che ai nostri tempi non c'era. Secondo me non si notano più le azioni importanti, e mancano i veri dualismi. Tutti hanno una programmazione diversificata, non ci sono mai eventi in cui ci sono tutti. Invece una volta era così".

El Diablo: 'Il ciclismo italiano lo vedo in una fase evolutiva'

Come vede il ciclismo italiano oggi?

"Non so se si può definirla una fase di crisi ma è una fase evolutiva. Abbiamo tanti giovani però quel che mi dà da pensare è che i nostri giovani promettenti non riescono a emergere. Forse sono troppo pressati nelle categorie inferiori e non gli viene lasciata quella tranquillità per farli crescere".

Chi vede protagonista per le corse a tappe nei prossimi anni?

"I colombiani hanno un movimento di tutto rispetto, sono in grande spolvero e hanno sfornato diversi campioncini. Poi vedendo le gare mi viene anche da dire però che, se uno come Valverde a 41 anni riesce a ottenere ancora i risultati che ottiene, la cosa deve fare pensare".

Vede speranze nel ciclismo italiano o siamo appesi a Vincenzo Nibali?

"Aspettiamo che arrivi qualche giovane. Nibali può fare ancora tanto ma sta arrivando a fine carriera".

Vede un Chiappucci nel panorama ciclistico di oggi?

"Come dicevo è difficile fare paragoni perché si parla di un ciclismo completamente diverso. Le stesse corse sono diverse, le cronometro oggi sono molto diverse rispetto ai miei tempi.

Ci sono molti meno km a cronometro e questa sarebbe stata una cosa positiva per me".

Chi vede favorito per Giro e Tour?

"Non sappiamo ancora bene il campo dei partecipanti, vediamo ragazzi che si consumano molto in fretta, di testa e di fisico. Mi incuriosisce vedere al Giro Evenepoel che fa il suo rientro anche se rientrare al Giro d'Italia senza avere corso prima mi sembra una cosa fuori dal mondo. Al Tour penso che sarà ancora sfida Pogacar-Roglic"