"Candidarsi alla presidenza della Federazione Ciclismo è stata un'esperienza bellissima, abbiamo avviato un percorso. Non abbiamo vinto ma ritenterò". È questo uno dei passaggi principali della lunga intervista che Silvio Martinello, ex ciclista su strada e su pista italiano, ha rilasciato in esclusiva per il canale ciclismo di Blasting News. L'atleta padovano è stato professionista dalla fine del 1985 al 2003: cinque volte campione del mondo e campione olimpico alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Ha avuto anche una lunga esperienza come commentatore tecnico del ciclismo per la Rai: nei mesi scorsi era in lizza per la presidenza della Federazione ciclismo ma è stato battuto al ballottaggio da Cordiano Dagnoni.

Ritenterò”, conferma sicuro il campione iridato.

Blasting News: Partiamo da lontano che ricordi ha delle Olimpiadi di Atlanta 1996 e del suo successo?

Lo ricordo come un momento particolarmente felice della mia carriera, un traguardo inseguito che si è concretizzato grazie a una modifica dei regolamenti, fu la prima Olimpiade aperta ai professionisti. Ho preparato quell'appuntamento con grande attenzione e convinzione e sono riuscito a centrare il risultato pieno.

Dei cinque titoli mondiali a quale si ritiene più affezionato?

"A tutti per la verità, a partire dal quello del 1985 a Bassano, quasi a casa. Nel 1995 ricordo la trasferta a Bogotà prima delle Olimpiadi. Quel campionato valeva come qualificazione per Atlanta, dove arrivai come favorito principale.

Soddisfazione ulteriore perchè ho gestito la pressione. Anche i successivi li ricordo con piacere, poi la corsa a punti mi è sempre piaciuta moltissimo".

Martinello: "Unico rimpianto della carriera non avere vinto una tappa al Tour de France"

La sua carriera su strada come la valuta? Ha rimpianti?

"Sono soddisfatto anche perché ho sempre messo molta serietà in quello che facevo.

Penso di avere raccolto in proporzione alle mie possibilità, non avevo qualità straordinarie. Ho ottenuto quello che ho ottenuto con impegno oltre a una base di talento che deve esserci. I risultati sono frutto del lavoro e dell'impegno. Unico rimpianto non essere mai riuscito a vincere una tappa al Tour de France: ho vinto tappe al Giro e alla Vuelta.

Al Tour ci sono andato vicino diverse volte ma doveva andare così evidentemente".

Come è cambiato il ciclismo dalla sua epoca ad oggi?

Di differenze ce ne sono tante: non in relazione a impegno, fatica e voglia per emergere, ma è cambiato molto dal punto di vista dell'organizzazione, del calendario e nelle preparazioni stesse. C'è un calendario più ampio e vasto, negli anni '80 le squadre erano formate da 13-14 corridori e si disputava un calendario unico. Non c'era doppio o triplo calendario come oggi nelle formazioni World Tour. Era anche più difficile emergere perchè comunque quando partecipavi alle competizioni trovavi i più forti. Ora se non fai il Giro d'Italia vai a correre altrove, si corre a tutte le latitudini.

La globalizzazione del calendario ha portato a più manifestazioni: vincere è sempre difficile ma ci sono anche gare in cui la qualità non è sempre il massimo. Nella mia epoca c'erano 300-350 professionisti in tutto il mondo, ora ce ne sono più di 1.000. Molti lo sono solo sulla carta.

Recentemente si è candidato alle elezioni per la presidenza della Federazione Ciclismo Italiana: come valuta questa esperienza e quale spiegazione si è dato sul fatto di non essere stato eletto?

"Bisogna sapere accettare il verdetto e augurare buon lavoro a chi è riuscito a uscire vincitore. Per quanto riguarda l'esperienza: è stata una bellissima avventura che ho intenzione di rifare. Avere perso questa tornata non significa buttare via tutto il lavoro che è stato fatto.

Il sottoscritto è partito da molto lontano, le regole dell'assemblea sono molto articolate e prevedono che i delegati che partecipano all'assemblea nazionale vengano eletti nelle assemblee provinciali e regionali. Ho iniziato dall’ 1 ottobre 2020, un lavoro sul territorio importante. Io sull'anacronismo delle regole di rappresentanza o sulla loro facile manipolazione mi sono espresso più volte: le cose sono andate così, nel programma ho in animo di cambiarle, anche il presidente Dagnoni cita la possibilità di modificare lo statuto quindi anche le regole di rappresentanza".

Silvio Martinello: "Temi cruciali la sicurezza e l'adeguamento dell'impiantistica"

Crede che avverrà questo cambiamento?

Da quando è stato eletto non ne parla più, mi auguro voglia farlo perché il ciclismo deve essere rappresentato in modo diverso rispetto a quanto avvenuto fino ad adesso.

È stata un'esperienza interessante e formativa affrontata con molta determinazione: anche qui non ho nessun rimpianto perché ho messo tutto me stesso. Ho lasciato nulla di intentato: dico, senza presunzione, di avere messo sul tavolo tante tematiche che, chi è stato eletto deve affrontare. Stiamo attendendo la discussione di un ricorso che è stato presentato quindi ci potrebbe la possibilità - per alcune anomalie che si sono verificate - di potere ritornare in assemblea molto presto: il ricorso verrà discusso il 22 aprile prossimo, poi ci saranno i vari gradi di giudizio. Vediamo che fine farà il tutto, se ricorso sarà rigettato e ci sarà l'insediamento, ci sarà una fase di attenzione del lavoro che il Consiglio federale farà.

Farò opposizione dall'interno tenendo ben chiari i punti del mio programma perché, nel caso, tra quattro anni ci si riprova, magari in condizioni diverse.

Quali sono i temi su cui ciclismo dovrebbe cambiare?

"Ci troviamo nel mezzo di una pandemia, di una emergenza sanitaria che sta creando tantissimi problemi. Emergenza sanitaria porta dietro la scontata emergenza economica; difficoltà nei sostegni di piccole e medie aziende, per chi ce le ha anche delle grandi. Ci sono difficoltà per chi organizza, per le società, le formazioni: il ciclismo giovanile sta soffrendo moltissimo. Questo è un tema su cui occorre dare vicinanza economica sostenendo società e organizzatori con ogni mezzo. Non possiamo perdere pezzi per strada.

Per il futuro dei giovani che cosa si può fare?

Altro tema chiave è la sicurezza, tema che sta minando alla radice il nostro movimento. Oggi il ciclismo su strada ha grandi difficoltà: la percezione di insicurezza sulla strada mina la fiducia che le famiglie hanno nel mandare i loro figli. Rischiamo di non avere giovani. Altro problema è l'impiantistica, che non è solo del ciclismo ma anche di altri sport. L'Italia dal punto di vista dei velodromi è messa bene ma tanti sono in condizioni penose e vanno sistemati per fare attività. Altre attività come la Bmx hanno molto successo nei giovani: necessitano di impianti e siamo molto carenti. Occorre lavorare con Governo e Coni su questi punti.

L'opinione di Martinello: "Per le corse a tappe siamo aggrappati al talento di Nibali, abbiamo problemi al vertice"

Secondo lei il ciclismo italiano, dal punto di vista degli atleti professionisti, in che stato si trova?

"Purtroppo nelle massime corse siamo ancora aggrappati al talento e alle qualità di Vincenzo Nibali. Anche se credo che difficilmente - anche se mi auguro di sbagliarmi - potrà lottare ancora per vincere grandi corse a tappe. Purtroppo all'orizzonte si vede poco, stiamo assistendo a una situazione in cui in corse di qualità come Giro delle Fiandre e Milano-Sanremo non ci siamo. Abbiamo problemi al vertice: non abbiamo una formazione World Tour, anche se ci si vanta spesso di essere uno dei paesi in cui il ciclismo è nato.

Ma non c'è una formazione World Tour che sarebbe fondamentale anche per un'opera di promozione".

Chi vede tra i giovani azzurri più talentuosi?

"Abbiamo atleti di qualità che corrono per altre formazioni, molto spesso con la sensazione che siano sacrificati per aiutare compagni di squadra più dotati o che vengono considerati tali. Per le corse di un giorno abbiamo corridori importanti: due anni fa Bettiol ha vinto il Giro delle Fiandre ma da lì è praticamente sparito. Abbiamo corridori come Trentin, Colbrelli, Nizzolo, Ciccone, Formolo ma manca qualcosa per essere protagonisti. Il ciclismo italiano è in un momento di grande difficoltà che parte dalla base".

Chi è il corridore protagonista che può dominare nelle corse a tappe dei prossimi anni?

"Io credo che ci sono giovani forti: Bernal e Pogacar hanno fatto cose importanti. Aspetto di vedere Evenepoel come tornerà, dopo la grave caduta dell'anno scorso. Dovrebbe essere al Giro d'Italia. Sono loro tre i corridori per i prossimi anni nelle corse a tappe".

Chi sono i suoi favoriti per Giro e Tour di quest'anno?

"Favorito per il Giro: Bernal. Per il Tour sarà ancora lotta tra Roglic e Pogacar, non sarà ristretta solo a loro due ma sono i favoriti principali".