Il mondo del ciclismo è spesso teatro di vittorie straordinarie e successi eccezionali, ma dietro le luci della ribalta alcuni atleti combattono battaglie personali silenziose, come quella di Bradley Wiggins, noto campione di Ciclismo professionista dal 2001 al 2016, che in un documentario diffuso nelle ultime ore dalla BBC ha dichiarato di aver affrontato nel corso degli anni una sfida mentale importante che lo ha condotto a distruggere i trofei che rappresentavano il culmine della sua carriera, perché non se ne sentiva degno.

L'ex campione iridato ha parlato anche del rapporto con la figura paterna, che gli è sempre mancata nel suo percorso di crescita, privato e professionale.

Il successo di Wiggins e le sue difficoltà

Bradley Wiggins, vincitore del Tour de France nel 2012, ha raggiunto vette impressionanti nel mondo del ciclismo, ma nonostante le prove tangibili di competenza nel settore e nello sport in generale ha confessato di non essere stato in grado di godersi appieno i suoi successi a causa ella cosiddetta "sindrome dell'impostore", che ha fatto sì che il campione abbia dubitato del proprio merito, nonostante le evidenze del contrario fossero ampiamente manifestate.

Uno dei momenti più emblematici lo ha raccontato lo stesso Wiggins, e risale al dicembre 2012, quando venne nominato Cavaliere in una cerimonia a cui parteciparono diverse altre persone, soprattutto soldati: "È stata una lezione di umiltà.

I soldati a cui mancavano gli arti volevano fare delle foto con me, ma quel giorno non mi sentivo un eroe. Non pensavo di essere degno di essere nominato cavaliere".

La scelta di distruggere i suoi trofei

Wiggins ha raccontato che questo disagio è tornato nel 2019, un periodo difficile durante il quale anche sua moglie stava affrontando sfide personali significative.

Ha confessato di aver distrutto tutti i suoi trofei, inclusi il premio BBC Sports Personality of the Year e i ricordi del suo cavalierato; questo gesto, apparentemente drastico, è stato un modo per Wiggins di confrontarsi con i dubbi interiori e di cercare una nuova prospettiva sulla sua carriera.

In passato l'ex campione iridato ha raccontato anche un episodio legato al padre, praticamente mai presente durante l'infanzia: "L'ho incontrato quando avevo 19 anni.

Non aveva soldi e venne in Belgio per una gara che stavo facendo e non lo dimenticherò mai. È stato probabilmente il giorno più bello, la parte difficile della mia vita. Dopo una settimana mi disse: “Non sarai mai bravo come tuo padre”. Una sorta di gelosia mi invase. Ancora oggi ricordo chiaramente dov’ero quando mi disse così. Ero al centro del campo a Ghent, in Belgio. Ho fatto una buona prestazione in pista e tutti mi incoraggiavano. “Non dimenticare, non sarai mai bravo come tuo padre” mi ha ripetuto lui. È stata un’esperienza piuttosto inquietante. Da quel giorno in poi, per molto tempo, ci fu questa voglia di essere migliore di lui. Questo è ciò che mi ha spinto nel 2012".