Se nel Ciclismo di oggi è sempre più frequente vedere i corridori che si abbracciano e si complimentano un metro dopo il traguardo, anche dopo finali particolarmente accesi, qualche generazione fa queste scene erano del tutto improbabili. Negli anni ottanta e novanta il ciclismo era lo specchio di una società molto diversa da quella attuale, meno tecnologica ma più genuina e istintiva. Le corse erano animate da rivalità feroci, e negli sprint questi contrasti toccavano dei picchi di passione anche un po' folli e pericolosi. Uno dei protagonisti più iconici delle volate degli anni novanta, Djamolidine Adboujaparov, ha ricordato alcuni episodi della sua carriera in un'intervista al giornale Bahamontes.
L'ex campione ha raccontato della sua rivalità mai sopita con Mario Cipollini, avversario di tante volate ai limiti del regolamento e di alcuni episodi roventi di fine corsa. "Cipollini poteva vincere solo grazie al suo treno, io non avevo un treno", ha raccontato Abdoujaparov.
'Io dovevo fare tutto da solo'
Djamolidine Abdoujaparov ha ormai sessant'anni, ma non ha perso quel modo di fare scontroso e un po' selvaggio che metteva nelle sue volate. Nella sua carriera, il velocista uzbeko si guadagnò il soprannome di Terrore di Tashkent, per le scorrettezze di cui lo accusavano molti avversari. Questo modo di interpretare lo sprint lo mise in netta contrapposizione a Mario Cipollini, velocista regale e personaggio da copertina del ciclismo di quegli anni.
Cipollini seppe fare degli sprint una vera arte, grazie all'organizzazione della squadra, che riusciva a guidarlo nella posizione migliore per lanciarsi nelle ultime centinaia di metri. Abdoujaparov interpretava invece il ruolo del corsaro nelle volate di quegli anni ed anche oggi non ha sepolto l'ascia di guerra nei confronti del rivale di un tempo.
"Cipollini poteva vincere solo grazie al suo treno. Io non avevo un treno, gli altri non correvano per me, quindi dovevo fare tutto da solo. E guarda quante corse ho vinto" ha dichiarato Djamolidine Abdoujaparov, passando poi ad un attacco diretto e personale verso Cipollini. "Lo chiamavano il Re Leone, io lo chiamavo il re dei cogl....
Un vero leone combatte con la sua preda, ma non la butta a terra", ha continuato l'ex corridore uzbeko.
Abdoujaparov ha ricordato anche alcuni episodi dell'inizio della sua avventura nel ciclismo, da giovane corridore dell'ex Unione Sovietica. L'ex velocista ha raccontato di aver dovuto passare delle prove particolarmente severe, che hanno contribuito a plasmare quel suo modo selvaggio e senza regole di interpretare il ciclismo. "Negli anni trascorsi nelle categorie giovanili mi mandavano spesso ad allenarmi con ragazzi più grandi, senza cibo. A volte ero così vuoto che dovevo proseguire a piedi. Forse volevano mettermi alla prova: reggerà? Non ho mai ricevuto consigli tattici. In una cronometro a squadre ho semplicemente spinto come una bestia finché le energie non sono finite e sono stato staccato senza pietà", ha raccontato Abdoujaparov.
La carriera di Abdoujaparov
Classe '64, Djamolidine Abdoujaparov è nato e cresciuto in Uzbekistan, quanto il paese faceva ancora parte dell'Unione Sovietica. È passato al ciclismo professionistico dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1990. Ha corso per Alfa Lum, Carrera, Lampre, Polti, Novell Software, Refin Mobilvetta e Lotto Mobistar.
Le sue caratteristiche tecniche erano di puro velocista. Ha vinto tappe in tutti i grandi giri, nove al Tour de France, sette alla Vuelta Espana e una al Giro d'Italia, conquistando anche le classifiche a punti in tutti e tre. Tra le altre vittorie, spicca la classica Gand Wevelgem del 1991. Ha chiuso la carriera nel 1997.