In questa epoca in cui qualunque attimo viene raccontato senza pudore, spiattellando in rete la quotidianità attraverso post e foto ad una velocità paragonabile a quella della luce, c’è bisogno di fermarsi a riflettere, presupponendo che la tecnologia utilizzata in maniera inconsapevole può comportare dei rischi per la nostra immagine e quella degli altri. Insieme a Davide Dal Maso, Social Media Coach e fautore di progetti tenutisi nelle scuole d’Italia aventi tematiche relative alla gestione della privacy e degli attacchi di bullismo digitale, parleremo dei lati oscuri dell’iperconnessione e dei social network.

Partiamo dal suo progetto "Social Warning: Rischi e Potenzialità del web": riesce in modo sintetico a spiegarlo ai lettori?

Il progetto Social Warning mira sensibilizzare ragazzi e genitori sul tema dei rischi e potenzialità del web. L'obiettivo è creare un dialogo con una comunicazione orizzontale su argomenti importanti come: cyberbullismo, web reputation, privacy e lavori digitali. Contiamo che il ragazzo medio, il cosiddetto "nativo digitale", è un soggetto che usa molto i social, ma non ne conosce veramente le dinamiche e per questo motivo spesso lo fa senza pensiero critico, rischiando così di danneggiare la sua immagine presente e futura.

In controtendenza rispetto ai suoi coetanei, lei ha messo a disposizione le sue capacità informatiche e social per il bene dei più deboli tralasciando l'aspetto del profitto o dell'apparire.

Si sente un po' un eroe 2.0?

Ho deciso di mettermi in gioco quando io stesso facevo delle formazioni al liceo sull'argomento e vedevo che erano inefficaci sui ragazzi. Comunicazione verticale, approccio della serie "o fai così o tuo papà rischia anche il carcere", scatenando in loro quasi la voglia di trasgredire maggiormente.

Mi sono accorto così del fatto che bisognava cambiare qualcosa, anche perché i giornali tutti i giorni ci dicono cosa succede a riguardo. Nessun eroe comunque, solo voglia di cambiamento e di aiutare la mia generazione.

Quando gira per le aule quali sono le domande più frequenti che gli alunni le rivolgono?

Mi chiedono spesso della privacy, di cosa si rischia quando mandano una foto di un certo tipo e li faccio riflettere sul concetto di dipendenza dai social.

Mostro le immagini degli "hikikomori", quelle persone che si isolano dalla vita sociale per almeno 6 mesi consecutivi e gli mostro che è un fenomeno non solo giapponese, ma che sta arrivando forte anche in Europa. Delle stime (non ufficiali) indicano più di 100 mila casi in Italia.

Da qui poi parliamo spesso del mercato del lavoro, in particolare con gli studenti delle superiori, che hanno un ventaglio di possibilità che il digitale sta portando e che spesso non vengono nemmeno accennate durante il percorso scolastico.

Ha notato differenze tra il bullo "classico" ed il cyberbullo?

Il bullo e il cyberbullo sono figure simili, ma ritengo il secondo molto più pericoloso. Il primo ti assillava mentre eri nel parchetto della scuola o in classe, quindi circa 4-5 ore al giorno.

Il cyberbullo invece ti insegue durante tutta la tua giornata, quindi colpendoti 24 ore su 24.

Un tema su cui spesso rifletto è: demonizzare questo ragazzo e "crocifiggerlo" in rete con decine di post o cercare di ri-educarlo? Consideriamo sempre che il web non dimentica. Siamo sicuri che sia giusto che un ragazzo quindicenne venga etichettato come bullo e magari rifiutato a diversi colloqui di lavoro a 25-30 anni? Non può essere cambiato?

Crede che terminerà prima la moda dei social o il bullismo digitale?

Penso che entrambe non siano delle mode, anche se probabilmente fra 10 anni avremo una panoramica dei social totalmente diversa da adesso. Sicuramente quella del bullismo digitale è una tematica che andrà di pari passo con i social.

Questo però non vuol dire che non bisogna combatterla e lo si fa parlando ed educando direttamente i 3 player dell'educazione digitale: ragazzi, insegnanti e genitori.

In che modo gli esperti del settore interverranno per eliminare completamente il triste fenomeno?

In tal senso sto facendo in modo che il mio progetto diventi un Movimento Etico coinvolgendo altri professionisti del digitale. Infatti sto cercando altre persone che sposino la causa ed entrino nelle scuole parlando di rischi e potenzialità del web. Più progetti facciamo, più voci i ragazzi sentono e più riusciamo a sensibilizzare e attivargli quei trigger che fanno accendere la lampadina della consapevolezza digitale.