Salvini "perdona" Cristina Parodi e getta acqua sul fuoco della polemica tra la conduttrice RAI e il Carroccio. Il vicepremier non ci pensa due volte a frenare i suoi sull'altrimenti imminente richiesta di dimissioni dal servizio pubblico dell’ex colonna del TG5 da tempo transitata a Viale Mazzini. “Stia tranquilla. Non siamo gli Anzaldi di turno, passiamoci sopra” ha commentato il ministro dell’Interno ai microfoni di Radio Radicale, proponendosi di evitare l’uso di “metodi che non ci appartengono” anche di fronte ad attacchi espliciti subiti ad opera di volti noti della tv.

Salvini e Cristina Parodi: pace fatta, niente dimissioni

Tutto era iniziato dalle parole, piuttosto dure, riservate (nel corso del programma di Radio1 “I lunatici”) dalla giornalista e consorte del sindaco PD di Bergamo Giorgio Gori al leader leghista, la cui ascesa secondo la Parodi sarebbe dovuta “all’arrabbiatura della gente” ma anche e soprattutto “a paura e ignoranza” di tanti elettori italiani, evidentemente stanchi di non veder concretizzato “quello che era stato promesso di fare” da chi aveva governato prima. Un attacco duro e inaspettato, che aveva provocato l’immediata e vibrante reazione dei parlamentari della Lega, decisi a portare il caso in Vigilanza per chiedere ufficialmente all’illustre dipendente dell’azienda radiotelevisiva di Stato un passo indietro e cioè le dimissioni immediate, con la motivazione di aver usato i media pubblici “per fare propaganda Politica alla faccia del pluralismo informativo”.

Salvini contro le dimissioni di Cristina Parodi dalla Rai

Soltanto l’intervento del destinatario di quelle che diversi esponenti del Carroccio considerano “inaccettabili offese” ha calmato gli animi, promuovendo una distensione a tutti i livelli, ben sintetizzata per l’occasione dalla frase pacificatrice del vicepremier “lasciamo che le polemiche le facciano altri”.

Difficile che, a questo punto, si riapra il caso in Commissione Vigilanza: lo stesso Salvini si è impegnato infatti a telefonare ai deputati e senatori della Lega (comunque ringraziati “per la difesa” dal loro segretario nazionale) che volevano “chiedere conto” alla dirigenza di Viale Mazzini delle “parole poco carine” dedicate dall’autorevole ospite della trasmissione radiofonica del primo canale Rai.

Con l’insediamento di Marcello Foa al vertice del servizio pubblico radiotelevisivo e le prossime nomine dei direttori di rete e dei tg nazionali, sembra di capire dal messaggio lanciato dal ministro, molte cose cambieranno senza bisogno di provvedimenti “punitivi” e strappi eclatanti.