Il caporale maggiore dell'esercito italiano Corrado di Giacobbe, morto il 6 novembre del 2011 a 24 anni, per una forma leucemica dopo aver prestato servizio a Serajevo nel 1997 e nel 1998, non era sufficientemente protetto da attrezzatura idonea contro le radiazioni nefaste dell'uranio impoverito e non ha potuto evitare il contatto con lo stesso, per tutto questo il Ministero della Difesa è stato chiamato a risarcire ai suoi familiari 642mila euro.
A margine di questa sentenza il presidente dell’Osservatorio militare ha comunicato che ci sono ben 343 militari deceduti e 7mila malati che hanno subito la stessa contaminazione di Corrado Di Giacobbe e che ora aspettano che la giustizia italiana renda giustizia a loro e alle loro famiglie.
Ministero colpevole
Con sentenza 11408/2017, che sarà una pietra miliare per tutti i militari che hanno subito la stessa sorte del Di Giacobbe, i giudici del tribunale di Roma hanno scritto che le responsabilità del Ministero della Difesa sono chiare, i nostri militari sono stati inviati nei Balcani per una missione di peace keeping, con attrezzature assolutamente non conformi a prevenire la contaminazione delle particelle di uranio impoverito disperse nell'atmosfera e nell'acqua, nelle zone in cui erano stati chiamati ad operare.
La dotazione dei nostri militari consisteva solamente in una maschera Nbc e un telo protettivo che risultano assolutamente inadeguati rispetto alla protezione di cui avevano realmente necessità, in particolare, il militare Di Giacobbe, che era addetto alla cucina, era costretto a far uso dell'acqua contaminata del luogo in cui si trovava e lo ha dovuto fare senza alcuna precauzione.
Basta ostruzionismo
L' avvocato della famiglia di Di Giacobbe, Angelo Fiore Tartaglia, ricorda che il militare, due giorni prima di morire, aveva accettato un confronto televisivo con l'allora Ministro della Difesa, Sergio Mattarella, che pareva essere molto imbarazzato per quanto affermava il militare, in effetti il Ministero aveva messo in atto un ostruzionismo vergognoso tendente ad dilatare nel tempo l'azione dei giudici.
Dopo questa sentenza ci si augura che non si ripeta un comportamento analogo, nel tentativo, questa volta,di procrastinare il più possibile la condanna definitiva del Ministero da parte della Magistratura.
Per il rispetto che si deve al caporale Di Giacobbe, a i 343 militari deceduti come lui per il contatto con l'uranio impoverito, ai loro familiari e ai 7mila militari tuttora ammalati, ci si deve augurare che questa vicenda giunga presto a una doverosa conclusione.