Dopo l'appello alla comunità internazionale contro il pericolo di una guerra nucleare che, secondo il dittatore Kim Jong-un, sarebbe voluta dagli Stati Uniti, ecco che Pyongyang alza nuovamente il tono delle minacce. Per il ministro degli esteri del Paese asiatico, Ri Yong-ho, la guerra è già in atto. "Con le sue parole alle Nazioni Unite, il presidente americano Donald Trump ha dichiarato guerra alla Corea del Nord". Ri cita la carta dell'ONU, in merito al diritto di ogni nazione all'autodifesa. "Avvalendoci di questo diritto, abbatteremo gli aerei americani anche se non hanno ancora varcato i nostri confini".

'Gli USA ci hanno dichiarato guerra'

Il messaggio dell'esponente del governo nordcoreano, riferito ad un gruppo di giornalisti a New York, fuori dall'albergo in cui alloggia per l'assemblea generale ONU, è stato piuttosto inquietante. Il regime si sente già in stato di guerra. "Il mondo intero dovrà ricordare che questa guerra non stata è voluta dal nostro Paese, ma sono stati gli americani a dichiarare guerra alla Corea del Nord". Lo stesso capo della diplomazia di Pyongyang, giorni addietro, aveva definito Donald Trump "uno squilibrato in missione suicida", sottolineando che il lancio di un missile nordcoreano verso gli Stati Uniti è "sempre più inevitabile".

Anche il Regno Unito sottolinea le responsabilità della Cina

Inoltre c'è stato un colloquio telefonico tra il primo ministro britannico, Theresa May, ed il leader cinese Xi Jinping. I governi dei due Paesi affermano in modo congiunto una ferma condanna, sia agli ultimi test missilitici che all'esplosione nucleare dello scorso 3 settembre.

A dare tali informazioni alla stampa è direttamente l'ufficio del premier londinese. "I leader di Gran Bretagna e Cina sono concordi a considerare le ultime sanzioni decise dal Consiglio di sicurezza dell'ONU un segnale forte della comunità internazionale nel considerare illegali le manovre della Corea del Nord". Downing Street sottolinea inoltre l'importanza di una rigida e corretta applicazione delle sanzioni economiche, ma anche anche al lavoro della diplomazia nell'ambito della quale Theresa May attribuisce al governo di Pechino "una fondamentale responsabilità nella ricerca di una soluzione diplomatica della crisi".

Le critiche di Julian Assange

Dure critiche all'atteggiamento americano in estremo oriente, intanto, giungono anche da Julian Assange. Secondo il fondatore di WikiLeaks, la politica delle minacce contro il dittatore Kim Jong-un è controproducente per la crisi coreana. "Queste minacce su un'imminente distruzione porteranno i Paesi come la Corea del Nord a voler possedere armi nucleari. In questo modo si sentirebbero sicuri di non fare la fine dell'Iraq o della Libia". Non è la prima volta che Assange interviene sulla questione. Anche ai primi di settembre, subito dopo il test nucleare effettuato dal regime nordcoreano e la minaccia di Trump di interrompere le relazioni con qualunque Paese che supporta Pyongyang, aveva espresso parere negativo sulla posizione della Casa Bianca.

"C'è praticamente un solo Paese che ha relazioni commerciali con la Corea del Nord ed è la Cina. Se Trump sospende le relazioni con la Cina, brucerebbero 650 miliardi di dollari di scambi commerciali tra Washington e Pechino. In quel caso verrebbe immediatamente rimosso dalla presidenza".