Il divario tra benestanti e poveri in Italia si accresce giorno dopo giorno, complice anche la crisi fortissima dal 2007, che ha aumentato la disoccupazione e ridotto le disponibilità economiche di molte famiglie. I governi, nel frattempo, spinti anche dalle politiche di austerity della troika, che hanno impedito l'aumento di una spesa pubblica sostenibile a vantaggio dell'economia e dell'occupazione, hanno tagliato il Welfare lasciando "indietro" milioni di cittadini e lasciandoli, soprattutto, ancor più poveri di disponibilità finanziarie.

Secondo il Rapporto Ocse nel 2013, l'ultimo anno disponibile, il reddito medio del 10% della popolazione italiana più ricca è stato superiore di 11,4 volte a quello del 10% della popolazione più povera. Il dato italiano esprime una situazione di disparità economica tra classi sociali addirittura peggiore rispetto alla media dei paesi Ocse (9,6 volte) e addirittura superiore a quella dei principali partner europei (Francia 7,4 volte, Germania 6,6). E' un dato superiore anche a quello del Portogallo (10,1) e vicino a quello di Spagna (11,7) e Grecia (12,3). Nel 2007 il gap era pari a 8,9 volte e nel 2011 a 10,3.

La situazione si è dunque aggravata negli anni della crisi: tra il 2007 ed il 2011 il reddito medio del 10% più povero si è ridotto del 4% annuo, a fronte di un calo del 2% per il ceto medio e di solo l'1% per la fascia di popolazione più ricca. Nel 2013, inoltre, il 10% della popolazione ricca ha percepito il 24,7% dei flussi di redditi totali, mentre il 10% dei più poveri si è fermato al 2,2 %. In generale, comunque, il 61,6% della ricchezza (completa di liquidità finanziarie e patrimoni) è appannaggio del 20% della popolazione benestante. La povertà colpisce maggiormente i giovani e i giovanissimi.

Nel suo Rapporto l'Ocse indica comunque delle strade da percorrere per allentare questa insostenibile diseguaglianza: combattere la disparità di genere (le donne mediamente guadagnano oltre il 7% in meno degli uomini, pur a parità di anzianità e di inquadramento), diminuire il divario tra lavori precari e stabili (in Italia vi è una prevalenza, tra i giovani, di forme di lavoro atipiche che solo nel 20% dei casi si trasforma in lavoro stabile); investire sull'istruzione, in particolare tecnico-professionale; equità ed efficienza fiscale. Si fa riferimento dunque agli annosi problemi dell'Italia, dalla disoccupazione giovanile agli scarsi investimenti in ricerca ed innovazione. Tutti problemi che il governo dovrà tentare di risolvere, spezzando i vincoli dell'austerità e rilanciando spesa pubblica sostenibile e lotta alla corruzione ed all'evasione fiscale, che contribuiscono pesantemente a zavorrare i conti pubblici e l'economia italiana.