La scissione all'interno del Pd è ormai nei fatti, e l'assemblea fissata per domenica 19 febbraio sancirà con molta probabilità la separazione tra la minoranza del partito, capeggiata da Bersani, e la non più solidissima ala di Matteo Renzi. L'assemblea nazionale sarà chiamata a decidere sui tempi e modi riguardo al prossimo congresso del partito, è solo quest'organo, infatti, quello che può decidere di anticipare il congresso, come proposto dal segretario Matteo Renzi. Prima dell'assemblea di domenica, gli uomini della minoranza hanno fissato un incontro per sabato 18 febbraio presso il teatro Vittoria di Roma per delineare le linee guida della posizione da tenere il giorno dopo nell'assemblea nazionale.
Un incontro questo di sabato che alcuni hanno ironicamente paragonato a quello che si tenne nel teatro Goldoni di Livorno nel 1921 e dal quale nacque il partito comunista.
Conseguenze sulla soglia del 40%
La via sembra ormai tracciata e i primi sondaggi elettorali di Emg mostrano un PD che scivolerebbe al 27%. Un nuovo partito alla sinistra del PD contenente la minoranza, il nascente movimento di Pisapia e SI potrebbe attestarsi intorno al 10-12%. Per altri autorevoli siti di rilevazione come Ipr e Tecné l'emorragia di voti del PD sarebbe ancora più ampia in quanto i consensi si attesterebbero intorno al 22% dei voti.
Se questi numeri dovessero concretizzarsi durante le prossime elezioni, l'area del centrosinistra potrebbe superare la fatidica soglia del 40% che, con un premio di maggioranza alla coalizione, consentirebbe di ottenere la maggioranza alla camera.
Matteo Renzi fuori dai giochi
Un governo di coalizione sarebbe cosi possibile, ma a farne le spese sarebbe soprattutto Renzi, visto che il profilo del nuovo Premier dovrà essere una sintesi tra le varie anime del centrosinistra. Sono solo ipotesi ma iniziano a farsi i nomi di Graziano Delrio, dello stesso Paolo Gentiloni e di Dario Franceschini. E se i numeri non dovessero bastare sullo sfondo resta il nome di Mario Draghi.