Che cosa ha fatto sì che atleti come Usain Bolt, Allyson Felix, Simone Biles e Michael Phelps siano riusciti a battere record stellari e a conquistare decine e decine di medaglie olimpiche e mondiali? A sentir loro, la preghiera. La fede in Dio. In particolare, nel Dio cristiano.

Bolt indica Dio dopo ogni vittoria

Pochi notano che il nove volte medaglia d’oro dell’atletica leggera Usain Bolt, prima di ogni gara, si fa il segno della croce e bacia una medaglietta che, poi, ripone sotto la maglia. E’ un’immagine della Madonna. Quando poi, dopo ogni impresa, il giamaicano si batte il petto, lo spettatore superficiale pensa che voglia significare: «Sono io il più forte»; invece, è un suo modo per attribuire il merito della vittoria alla madre di Gesù.

Infine, il gesto da lui reso popolare di indicare il cielo, non è un imitazione della freccia o dell’arciere – come molti frettolosamente sostengono – ma un ringraziamento a Dio. Bolt è cattolico, come pochi in Giamaica. Dopo le Olimpiadi Londra 2012 ha fatto outing, dichiarando che deve alla fede in Dio la sua imbattibilità.

Allyson Felix dichiara di vivere per Gesù

Il record di medaglie d’oro nell’atletica femminile, invece, appartiene alla sprinter Allyson Felix, cristiana di confessione battista, anch’ella profondamente religiosa. Allyson ha dichiarato: «Credo in Dio da quando ero molto giovane. La mia relazione con Gesù Cristo è il centro di tutto e non posso immaginare la mia vita senza aver conosciuto Gesù.

Non posso immaginare come sarebbe stato svegliarsi ogni mattina e vivere la vita senza di Lui, perché Lui è la mia vita e io vivo per Lui». Tra una vittoria e l'altra, Allyson esprime la sua fede, dedicandosi anche ad azioni benefiche, nei confronti di donne svantaggiate ed emarginate.

Simone Biles recita il rosario e va a messa

Altro fuoriclasse, altro sport. Nella ginnastica femminile, alle Olimpiadi Rio 2016, la statunitense Simone Biles ha vinto quattro medaglie d’oro e una di bronzo su cinque gare. Nessuna aveva fatto come lei, dai tempi di Nadia Comaneci. Ma il record di Simone è suscettibile di miglioramento, avendo solo diciannove anni.

Nel frattempo si può consolare con altre dieci medaglie d’oro vinte ai campionati del mondo e con la fede in Dio. In qualsiasi parte del globo si trovi, Simone Biles recita un rosario, regalatole dalla nonna ed è un’assidua frequentatrice della messa domenicale: «la fede, insieme alla ginnastica – dichiara – è la grande costante della mia vita».

Phelps ritrova la fede e riesce anche a commuoversi

E veniamo al più medagliato di tutti (23 d’oro, 3 d’argento e 2 di bronzo): il nuotatore Michael Phelps. Alle sue prime due olimpiadi, l’assenza di Dio dalla sua vita, non gli aveva impedito di conquistare ben quattordici medaglie d’oro in diverse specialità. Poi, però, nel 2009, era caduto in depressione, sino a pensare al suicidio.

Si iscrisse allora a un centro psicanalitico di riabilitazione e iniziò a leggere libri introspettivi. Uno di questi libri lo ha «portato a credere nell’esistenza di un potere più grande di noi», anche se non necessariamente nel Dio cristiano.

Il cammino è stato difficile, tanto che dovette subire anche una condanna penale, per uso di stupefacenti. Infine, però, si è riconciliato con il padre, che lo aveva abbandonato all’età di nove anni, ha chiesto alla sua fidanzata di sposarlo ed è tornato a stupire il mondo, vincendo cinque ori e un argento a Rio de Janeiro. Quando, durante un’ennesima cerimonia, salendo sul podio, ha pianto, per la prima volta, a miliardi di telespettatori è sembrato finalmente un essere umano e non più un alieno.