Può un mare immenso, grande come l'Austria, rigoglioso e con sponde lussureggianti scomparire quasi del tutto dalle carte geografiche... ? Purtroppo si.

Il Lago d'Aral alla fine degli anni '50 era uno specchio d'acqua pescoso e con una vegetazione rigogliosa, quasi una macchia mediterranea, al centro dell'Asia. Infatti, il Lago d'Aral è situato nella regione autonoma del Karakaplastan, tra l'Uzbekistan ed il Kazakistan, un vero e proprio paradiso che Dio o chi per esso aveva voluto regalare ad una regione molto arida ed infida.

Ma, purtroppo, un giorno, un maledetto giorno, qualcuno dei governanti della ex Unione Sovietica ebbe un'idea a dir poco disastrosa, prendere le acque da questo splendido lago salato e costruire un grande canale artificiale, il Karakum, per irrigare le aride steppe uzbeke per la coltivazione del cotone.

La coltivazione del cotone crebbe, ma potremmo dire il lago "decrebbe" ma come spesso avviene non c'è mai fine al peggio... infatti l'inizio della catastrofe vera e propria era solo all'inizio.

Il solo canale del Karakum non bastava più per quelli che erano i progetti della Unione Sovietica, così si arrivò all'infausto, i governanti di Mosca decisero che i fiumi Amur-Darya e Sir-Darya, che scendendo rigogliosi dal Pamir e dal Tiam Sham inondavano lo splendido Lago, venissero deviati dal loro corso e farli confluire in una serie di canali artificiali che potessero alimentare la produzione del cotone.

La produzione del cotone crebbe, fino a portare l'Uzbekistan, e di conseguenza l'Unione Sovietica a divenire la seconda produttrice mondiale del prezioso materiale, ma inesorabilmente il Lago d'Aral piombò in una agonia lenta ed inesorabile, fino a portare le dimensioni totali decrebbero dell'ottanta per cento della portata d'acqua iniziale e adesso si possono trovare le barche ed i pescherecci a cinquanta, sessanta chilometri da quel poco che resta del Lago stesso, e se qualcuno capitasse lì per caso non capirebbe perché quelle barche sono lì su un mare che non c'è più.

Proprio nei giorni scorsi si è tenuta a Ginevra una convention con vari addetti ai lavori per cercare di trovare una soluzione quanto meno per cercare di risanare quel poco che resta del Lago stesso, al vaglio varie soluzioni ma, ahimè, gli abitanti dei centri portuali di Monyac e Nukus mai più potranno rivedere le rive del Lago che torneranno lambire le loro case.

Solo i vecchi ed i sognatori sono rimasti in quei luoghi oramai desolati, dove neanche Dio, forse, è rimasto più.