Nel Salento sono ripartite da qualche tempo le radicazioni degli ulivi con l'ausilio delle forze dell'ordine, perché spesso i proprietari degli appezzamenti li vogliono proteggere con i loro stessi corpi. Insomma la questione è molto controversa, c'è di mezzo l'Europa e ci sono di mezzo anche molti movimenti ed associazioni che mettono in dubbio i rilievi scientifici che sostengono sia la xylella la colpevole della moria di ulivi centenari.

Un tema che divide chi pensa che qualcosa bisogna fare, anche lacerandosi il cuore abbattendo il maggior numero ulivi per poterne salvare molti altri e chi invece dice ci siano altri modi per poter fermare la xylella.

L'insetto che trasmette il batterio ha un nome che fa sorridere, è la cicala sputacchina, eppure sull'epidemia di xylella che mette a rischio migliaia di ulivi pugliesi c'è poco da scherzare.

A causa di questo batterio, che provoca il disseccamento e la morte inesorabile delle piante, 230mila ettari di territorio pugliese rischiano di vedere adottato un drastico provvedimento, l'abbattimento delle piante infette e anche di tutte quelle vicine, fino ad un raggio di cento metri da quella malata. A spingere verso una soluzione così netta è l'Unione europea, che ha varato alcune misure antixylella che potrebbero essere presto adottate dall'Italia, l'intera provincia di Lecce è stata dichiarata zona infetta ed è stata individuata un area cuscinetto di circa 10km intorno a quella contaminata.

Dunque tutto il territorio leccese rischia ora di veder messo in pratica il provvedimento più severo, quello dell'abbattimento. Ma è giusto adottare una misura di questo tipo? Per qualcuno è l'unico modo per debellare radicalmente l'infezione e per fermarla prima che si spinga sempre più a nord. Per altri invece, soprattutto agricoltori e ambientalisti, non c'è bisogno di uccidere quelle piante secolari, basterebbe distruggere l'insetto vettore, la famosa cicala sputacchina, e innestare le piante malate con altre resistenti al batterio della xylella. La xylella viene da lontano, si pensa che sia arrivata con piante ornamentali importate dal Costa Rica e già nel 2013 si notarono i primi piccoli focolai, ma nessuno immaginava che l'epidemia si sarebbe propagata così tanto. Ora secondo gli esperti mette a rischio l'attività di 8mila addetti del settore e si potrebbero perdere in un colpo solo 650mila giornate di lavoro agricolo.