Il Milan è sull'orlo della crisi. Sportiva, certamente, ma soprattutto societaria. In campo, la squadra di Filippo Inzaghi non rende: spesso schiacciato dagli avversari, e dominato anche da contendenti più deboli, il Milan, che era partito per risollevarsi, sta concludendo mestamente anche questa stagione, che si concluderà probabilmente ancora una volta con la squadra fuori dall'Europa e con l'ennesima rivoluzione tecnica in estate.

Ma quello che più pesa, nell'attuale panorama rossonero, è la situazione debitoria della società. Oggi, 28 aprile, la società ha chiuso il 2014 con un passivo di bilancio mostruoso, certificato in circa 92 milioni di euro, peggior risultato della gestione di Silvio Berlusconi, proprietario e Presidente in carica dal lontano 1986.

Negli ultimi 10 anni, addirittura, secondo l'autorevole quotidiano economico 'Il Sole 24 Ore', il Milan ha accumulato 361 milioni di euro di debiti.

Il paradosso? Che la squadra, da dieci anni a questa parte, si è notevolmente indebolita, con l'addio di tutti i senatori (lo stesso Inzaghi, Nesta, Gattuso, Maldini, Zambrotta, Serginho e così via, alcuni ritiratisi, altri hanno cambiato maglia) e le dolorose cessioni dei vari Shevchenko, Kakà, Ibrahimovic, Thiago Silva, mentre il monte stipendi è andato gradualmente in crescita, attestandosi attualmente intorno ai 143 milioni di euro, pari a circa il 60% dell'intero fatturato del club.

La domanda sorge spontanea: chi ha creato tutto questo sfacelo?

Come è stato possibile accumulare una situazione debitoria così grave, di oltre 350 milioni, quando non sono mai stati fatti reali investimenti per il potenziamento dell'organico della squadra? L'interrogativo che più affligge la tifoseria rossonera è anche un altro: se nel 2013 il passivo di gestione era stato di 15 milioni, e nel 2014 di 92, con il monte stipendi quasi inalterato e la solita campagna acquisti fatta di parametri zero e giocatori presi in prestito, come è stato possibile un ammanco di oltre 70 milioni?

La mancata partecipazione alle competizioni europee, venuta a mancare nello scorso anno dopo 16 anni di continue qualificazioni, ed il successo di Atene 2007, non può bastare a giustificare un buco di bilancio così grande.

Domande, queste, alle quali, ad oggi, non è stata data ancora una risposta. I tifosi, almeno loro, avrebbero pienamente diritto a comprendere le ragioni di questa rapida discesa del Diavolo verso gli inferi.

Ad un passo dallo spettro del fallimento.

Il ciclo della famiglia Berlusconi si è esaurito, è arrivato alla frutta. L'era di Adriano Galliani, che per anni ha tenuto in piedi la baracca, è evidentemente giunta al termine. L'unico modo per evitare che il Milan segua il triste destino del Parma, è la cessione. E fare piazza pulita di ciò che è stato per fare spazio a ciò che dovrà essere. Serve qualcuno che salvi il Milan dal baratro dell'oblio. E che, possibilmente, rilanci le ambizioni della società e della squadra in chiave italiana, prima, ed europea, poi.

Bee Taechaubol, in questi giorni a Milano per incontrare proprio Silvio Berlusconi, rappresenta l'ancora di salvezza dell'A.C. Milan 1899.

L'imprenditore thailandese, affiancato dagli esponenti del fondo Doyen Sports e da alcuni esponenti del governo cinese, è pronto a rilevare la maggioranza della società, per un affare, inizialmente da 500 milioni per il 51% della società: è tutto apparecchiato per il passaggio di proprietà del Milan, manca soltanto il via libera di Berlusconi. Il quale, se davvero vuole così bene al Milan, adesso dovrà veramente farsi da parte.