I fischi di fine gara ieri all'Olimpico sono l'immagine più rappresentativa di questa Roma, qualificata agli ottavi di Champions ma più per concorso esterno di altri che per merito proprio. Perché, possiamo dirlo, una Roma così non meritava affatto il passaggio del turno. Il pareggio iniziale con il Barcellona aveva dato l'idea di una squadra pronta per affrontare in positivo un girone dove poteva essere considerata tranquillamente la seconda forza al suo interno, e seppur a conti fatti, guardando la classifica, si potrebbe dire questo, quel secondo posto inganna e lo dimostrano i punti fatti: 6, il punteggio più basso tra tutte le qualificate agli ottavi (l'ultimo a qualificarsi con così pochi punti fu lo Zenit due anni fa).
Roma demotivata
I punti sono del resto un'ottima rappresentazione delle prestazioni dei giallorossi apparsi fin troppo spesso demotivati, scialbi ed a tratti impauriti, come del resto è accaduto anche ieri sera. Doveva essere l'occasione giusta per il riscatto, per la riconquista della fiducia dei tifosi e per sigillare al meglio la qualificazione ma tutto questo non è avvenuto. Si perché la Roma vista ieri non è proprio entrata in partita, forse attenta più a quello che accadeva in Germania anziché rimanere concentrata sul campo e fare risultato; se non ci fosse stato Szczesny (e ter Stegen a Leverkusen) e un'altra squadra di fronte dal calibro anche leggermente più alto, staremmo oggi a parlare di un'altra storia.
Una brutta partita tra Roma e Bate Borisov, la squadra di casa si è vista poco con poche occasioni significative dalla sua parte mentre gli ospiti, con l'obbligo di vincere e senza niente da perdere in caso contrario, hanno messo paura andando in due occasioni vicinissimo al gol (entrambe sventante da un ottimo Szczesny per l'appunto).
Concorso di colpe
I fischi finali e le facce dei giocatori delusi sono una cornice ideale per inquadrare questo momentaccio in cui tutti sono responsabili, può tornare utile a riguardo la frase del ds Sabatini: "se affonda Garcia affondiamo tutti" ed ha ragione, la colpa non può essere attribuita solo all'allenatore (che per carità ne avrebbe per cui scusarsi) ma ad un intero contesto: dalla società ai giocatori in campo.
Un presidente, Pallotta, troppo lontano dalla città per capire davvero i problemi della squadra; una dirigenza troppo rivolta al mercato anzichè concentrare l'attenzione sul presente; un Garcia incapace di fare "mea culpa" vedendo solo oltre la punta del proprio naso; ed infine i giocatori, ligi al dovere di squadra e sbandieratori di voglia di rivalsa nelle interviste ma comparse anonime in campo. Ieri sarebbe dovuta essere l'occasione giusta per rialzarsi dopo la caduta nel buio da quel nefasto 6 a 1 al Camp Nou ma niente, c'è bisogno ancora di aspettare e intanto domenica arriva il Napoli, l'avversario peggiore in questo momento; servirebbe fare risultato ma già uscire a testa alta sarebbe un buon primo passo in avanti.