Scomodiamo Hans Christian Andersen per commentare l'epilogo inatteso degli Europei di Francia. La prima pagina di tutte le testate del vecchio continente spetta di diritto al Portogallo che, contro ogni pronostico, ha battuto la Francia a Saint Denis ed ha sollevato la prima Coppa Europa della sua storia. Andersen avrebbe saputo raccontare questa fiaba in modo poetico: a differenza del suo brutto anatroccolo, questo non si è trasformato in un cigno ma ha saputo vincere nonostante l'assenza dell’unico vero cigno in rosa.

Cristiano Ronaldo, un europeo sottotono

Se si eccettuano i lampi che hanno permesso al Portogallo di battere il Galles in semifinale, Cristiano Ronaldo non ha lasciato il segno. Il destino ha voluto che il Portogallo raggiungesse il suo apice calcistico senza l'apporto di colui che, insieme al leggendario Eusebio, è probabilmente il campione portoghese più forte di sempre. La sua finale è stata breve, costretto a dare forfait dopo 24' a causa di un durissimo scontro di gioco. L'immagine di CR7 che consegna a Nani la fascia di capitano ed esce in barella, in lacrime, è destinata a diventare un simbolo di questo Europeo. Asciugate le lacrime riecco Cristiano Ronaldo, combattivo in panchina. Un vero capitano, un allenatore aggiunto capace di spronare i compagni uno per uno.

Condottiero da bordo campo di una squadra ripescata dopo il primo turno e capace di vincere soltanto una partita entro i 90' regolamentari: l’identikit un po’ spietato dei nuovi Campioni d’Europa.

Non ha vinto il bel gioco

Il successo del Portogallo è meritato perché, in un torneo lungo e stressante, chi arriva alla fine e solleva la coppa merita sempre di vincere: è una delle poche leggi non scritte del calcio.

Dopo aver perso il suo terminale offensivo ha contenuto le sfuriate della Francia: i padroni di casa sono stati sfortunati in parecchie circostanze, hanno trovato sulla loro strada un Rui Patricio in serata di grazia e quando non è arrivato sul pallone il miracolato portiere lusitano, ci ha pensato il palo a salvare la squadra di Fernando Santos.

Con l'ingresso di Eder, il Portogallo ha semplicemente alzato il baricentro ed ha approfittato della grande frustrazione dei francesi le cui sicurezze con il trascorrere dei minuti si sono sgretolate. Lo stesso Eder, attaccante di 28 anni originario della Guinea Bissau che, guarda caso, milita nel campionato transalpino (Lille), è diventato l'eroe di una nazione segnando il gol della vittoria. Diciamolo pure senza timore di smentite: il brutto anatroccolo è rimasto tale ma di cigni in questo Europeo ne abbiamo visti pochi. Non ha vinto il bel calcio e non ci riferiamo soltanto al Portogallo: la stessa Francia si è espressa ad intermittenza, la Germania campione del mondo ha deluso le aspettative.

Ed a proposito di cigni, ha cantato quello spagnolo perché l'Europeo appena concluso ha segnato la morte definitiva del celebrato tiki-taka.

L'involuzione del calcio mondiale

Il gioco più bello del mondo, improvvisamente, non è più così bello. Questa calda estate che ha visto svolgersi in contemporanea Campionati Europei e Copa America lancia un vero e proprio allarme sulla qualità complessiva del calcio mondiale. Oltre oceano ha vinto il Cile, pur giocando un calcio ruvido e poco spettacolare ha condannato ad una nuova delusione la super favorita Argentina il cui enorme potenziale viene meno, ormai è consuetudine, nei momenti più importanti. Il disastro del Brasile, la Nazionale del "futbol bailado" per eccellenza, è forse il segnale più limpido di come il bel calcio sia solo un lontano ricordo.

In Europa vince un Portogallo sornione, deludono quasi tutte le annunciate protagoniste e strappano applausi Nazionali da corsa come Galles ed Islanda. In questo scenario di desolante mediocrità finiamo per lodare la Nazionale italiana che Antonio Conte lascia in eredità a Giampiero Ventura: non una fucina di fuoriclasse ma una squadra che, in questo grigio scenario, può recitare un ruolo da protagonista.