Una crisi al giorno toglie la serenità di torno. Frase che riassume lo stato d’animo della metà nerazzurra di Milano. Sia chiaro, l’ambiente Inter non è mai stato contraddistinto da pace e amore. E nemmeno questa annata sembra smentirsi. Dopo aver metabolizzato il passaggio di proprietà della società al gruppo Suning, con la fine dell'era Moratti, si devono fare i conti con il mal di pancia dell’allenatore. Quel Roberto Mancini, che si cerca di accontentare, per poi lasciarlo andare, forse tardi .Si decide di affidare la squadra a De Boer, che arriva a inizio agosto, come guru di un nuovo stile di gioco.
L’inizio, tra i risultati sul campo e le critiche fuori, è tremendo. Buone notizie arrivano dal mercato, e dall’unica certezza dell’Inter: il numero 9, Mauro Icardi.
Certezza costata fior di milioni. Perché nella già rovente estate nerazzurra, il capitano, nella figura della moglie/procuratrice Wanda Nara, mette pressione alla società, per un ulteriore aumento dell'ingaggio. Contentino stanziato, perché il Capitano non si tocca, non tanto per la fascia, quanto per il fatto che, di questi tempi, l’Inter senza Icardi è poco o nulla, soprattutto in termini di gol. Così con Mancini, così con De Boer, già alle corde e con la valigia in mano, salvato ripetutamente da un Maurito in formato re Mida.
Un Re Mida con poteri particolari.
Icardi riesce a rendere oro i (pochi) palloni che tocca, con una percentuale realizzativa elevata. Ma l’ex Samp abbina alla sua efficacia sotto porta l'abilità di creare polemiche una volta davanti ai microfoni. O in TV, o in radio, o nero su bianco. Colori che è solito punire sul campo, colpendo più volte la Juve. In questo caso colpisce i propri tifosi, e sconvolge tutto il pianeta Inter.
“Sempre avanti. La mia storia segreta” è la autobiografia in cui il capitano nerazzurro decide di raccontarsi, a 23 anni, svelando aneddoti, togliendosi sassolini dalla scarpa. In particolare fa scattare il putiferio un retroscena riguardante il dopopartita di Sassuolo-Inter 3-1, febbraio 2015. Icardi segna, da subentrato, il gol della bandiera.
Finito il match regala la maglia ad un bambino al settimo cielo. Gioia che dura lo spazio di pochi attimi, il tempo che un capo ultrà, infastidito dalla sconfitta, prenda la maglia e la rilanci con foga al numero 9, scatenando l’ira dell’attaccante, il cui ricordo trova spazio nel libro. Poche righe, in cui è scritto di una minaccia di contattare 100 delinquenti argentini per guerrigliare con gli ultrà, e altre frasi dettate dalla frustrazione. Frasi però capaci di sconvolgere il debole equilibrio interista.
Perché diciamocelo, che una squadra giochi male, facendo imbestialire i tifosi, è la quotidianità di questo sport. Un’annata da dimenticare, con la società costretta ai salti mortali per far quadrare il bilancio, è un copione che nel calcio avrà sempre un palcoscenico su cui essere recitato.
Il 16 ottobre 2016, fuori e soprattutto dentro San Siro, è accaduto invece qualcosa di inaccettabile. Inter abbandonata dai tifosi, Icardi senza meta, che sbaglia di tutto. Perfino il rigore discusso che si è procurato. I nerazzurri perdono 2-1 contro il Cagliari. Ma è appena l’inizio. La società crocifigge il proprio uomo simbolo. Nelle figure di Zanetti e Ausilio l’Inter, quella dietro la scrivania, prende le parti dei tifosi, che arrivano a porre uno striscione pseudominatorio sotto casa di Icardi
L’attaccante ammette di aver sbagliato e da buon capitano cerca di calmare gli animi predicando amore per i colori. I tifosi devono mostrare maturità, quella spesso mancata a Maurito. Le due parti sono unite dalla passione per questa squadra. L’Inter non può sognare (e segnare) senza Icardi. Icardi non vuole segnare se non per l’Inter. La pace si può fare e probabilmente si farà. D’altronde, senza ribaltoni, non sarebbe una pazza Inter.