Portogallo campione d'Europa e Real Madrid che alza al cielo la coppa continentale per club più importante. Sono questi i trofei di squadra conquistati da Cristiano Ronaldo nel 2016, a cui ora va aggiunto anche il titolo personale più ambito: il pallone d'oro, il quarto della sua strepitosa carriera.
Il 2016 di CR7
Durante questa stagione il fuoriclasse di Madeira ha realizzato un totale di 54 reti, di cui 35 nella Liga spagnola e addirittura 16 in Champions League, con una media che supera il gol a partita.
Ma il talento di CR7 non è solo tecnico e legato ai gol segnati (perché su questo alzi la mano chi ha ancora dubbi), ma ora è anche un vero leader carismatico.
Basti ricordare il suo comportamento nella finale degli Europei quando, messo fuori gioco dopo nemmeno mezz'ora per un brutto fallo, ha di fatto assunto il ruolo di vice-allenatore, guidando i suoi compagni al successo.
Una bacheca ricca di trofei
Sembra infatti che il ragazzo, cresciuto calcisticamente sotto l'ala protettiva di Sir. Alex Ferguson sia arrivato al colmo della sua maturità calcistica.
Quel ragazzo che pensava più allo spettacolo che alla concretezza e che aveva sulle spalle il pesante fardello della maglia numero "7" dei diavoli rossi è ora decisamente entrato nella storia di questo sport vincendo 3 Champions League, 4 Palloni d'Oro (meglio di gente come Platinì, Van Basten e Cruijff) e consegnando il primo titolo continentale al Portogallo.
Alla corte di Sir. Alex
Il suo ex tecnico e mentore allo United ha parlato così di lui: "Cristiano è sempre stato determinato, ha sempre avuto l'ossessione di essere il migliore, guidato da una disciplina straordinaria in ogni allenamento. Questo desiderio lo ha accompagnato nel suo lavoro quotidiano. Anche quando era giovane allo United era un esempio per tutti".
Cristiano-Messi: l'eterno duello
E la sua rivalità con Messi? A mio parere è uno di quei duelli destinati a creare dibattito per il prossimo secolo. Un po' come scegliere tra le bionde e le more tra Pelè e Maradona insomma questione di gusti di pura soggettività. Una cosa però è oggettiva e indiscutibile: quando tra 20 o 30 anni sentiremo i nostri figli e i nostri nipotini parlare di quell'argentino e quel portoghese ringrazieremo Dio di averli visti giocare.