C'è chi dice che gli ex centrocampisti siano in grado di diventare ottimi allenatori. Il giocatore che giostra nel centro del campo, si sa, deve avere buoni piedi e ottima visione di gioco, impostare le azioni d'attacco ma saper anche difendere. Luciano Spalletti ha giocato quasi sempre al centro del campo, una carriera svolta tra Liguria e Toscana, senza mai superare la Serie C.

Alla Roma approdò per la prima volta da tecnico nel 2005 dopo aver meravigliato l'Italia con il gioco mostrato nell'Udinese, l'allora presidente romanista Franco Sensi, lo chiamò nella Capitale.

Ma la squadra si trovò nei guai per una serie di eventi imprevisti. Dopo la cessione di Antonio Cassano al Real Madrid, e senza poter fare mercato per via di alcune irregolarità sancite dall'UEFA, la rosa era alquanto indebolita e senza una punta di ruolo. Il carattere indomito del tecnico ebbe ragione delle innegabili difficoltà e portò la Roma ad una serie mai vista di undici vittorie consecutive, record della Serie A.

Re Luciano è ora al suo secondo impegno a Roma

Nella sua prima esperienza romana, collezionò tre secondi posti in campionato e una Supercoppa italiana. Pallotta dopo il divorzio con Garcia, sette anni dopo lo ha richiamato a Roma ed è di nuovo amore, con la città, la squadra, la critica.

La rimonta straordinaria compiuta lo scorso anno da una squadra annichilita dalla mancanza di gioco e rivitalizzata dal tecnico di Certaldo fino al terzo posto in campionato, è stata il viatico per le nuove imprese di Spalletti che è ancora un duro e puro dai modi suadenti con i giocatori, li difende e li incita a migliorare.

Chi ne parla, fuori dagli spogliatoi, non smette di lodarne le capacità tattiche e le doti caratteriali. E i risultati si vedono.

Una Roma che non si ferma più

Ieri sera è toccato all'Inter dei miracoli di Pioli, altro tecnico capace di rivitalizzare anche i morti, calcisticamente parlando, inchinarsi davanti Re Luciano, a Milano.

Il tecnico nerazzurro ha cercato di sfruttare le corsie esterne, con Perisic ala pura e scagliando la rabbia atletica di Candreva sull'altra corsia; ma la vera punta di diamante dei nerazzurri, Icardi, è letteralmente rimbalzato contro le asperità rocciose di Fazio e di Costas Manolas, un tipino valutato 40 milioni di euro. Il tecnico toscano ha riportato la Roma finora al secondo posto, rinunciando al suo 4-2-3-1, modulo studiato nelle aule magne del calcio continentale, per il 3-4-2-1 che gli consente di schierare la difesa meno battuta del campionato, dopo quella della Juventus (17 reti subite dai bianconeri contro le 23 incassate dai giallorossi) e il secondo attacco più prolifico, con 57 reti contro i 60 gol del Napoli.

Ieri sera, i giallorossi hanno comandato il gioco, impossessandosi del centrocampo, con un Nainggolan factotum anche in zona tiro, De Rossi furia a tutto campo e Strootman implacabile tatticamente. I due splendidi gol del Ninja romano di adozione, al 12' e al 62', non hanno impedito ai padroni di casa di dimezzare lo svantaggio con l'unica occasione vera concessa al loro centravanti, su sponda di Perisic, ma solo al minuto 81 e poco prima del rigore assegnato per fallo netto su Dzeko, all'85, realizzato da Diego Perotti, che ha fermato la partita su un pesantissimo 1-3 per i romani.

Una vittoria costruita con il ragionamento di un gioco pressante e veloce, praticato da una formazione atleticamente impeccabile e cattiva come non si vedeva da tempo; cinica quasi quanto l'inarrivabile Juventus, che ancora troneggia indisturbata finchè Re Luciano Spalletti non troverà il modo di arrampicarsi su quelle vette.

Lo scudetto, in Italia, gli manca parecchio, lo ha ammesso egli stesso, più volte, senza che i due campionati vinti in Russia, contino più di tanto. Essere profeti in patria è veramente duro anche per i re ma forse, un altro dei grandi segreti di Lucianone, quella testona lucida e dura come il granito, potrà capire come riuscire nel miracolo che a Roma non osano neanche citare...