L'era del Bisonte è finita sette anni fa. Sì, perché la carriera di Dario Hubner è terminata solo nel 2010, nonostante avesse lasciato i campi "pesanti" nel 2004. Dopo Perugia, ha vestito le maglie di Mantova, Chiari, Rodengo Saiano, Orsa Corte Franca, Castel Mella e Cavenago, continuando a fare quello che gli riusciva meglio: buttarla dentro. Oggi, Hubner compie 50 anni. Mezzo secolo, per un attaccante simbolo di un sacco di cose: la classe operaia, la provincia, la nostalgia di un calcio che non c'è più.

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Gol e dignità

Sono le due parole che meglio riassumono la carriera di Hubner.

Prima di ogni cosa, i gol. Più di 300 in carriera, di cui 38 su rigore, il primo in Serie A addirittura a 30 anni. Insieme ad Igor Protti, è l'unico calciatore ad essere stato capocannoniere di Serie A, Serie B e Serie C. Di testa, di piede, di rapina, di forza. Segnava in tutti i modi, segnava sempre. Seconda, ma non per importanza, la dignità. Quella vera che viene dal lavoro, dalla gavetta, dal sudore, che ha riassunto così oggi alla Gazzetta dello Sport: "Il calcio senza telecamere è ostico, maschile. In provincia, giochi su terreni assurdi e ti cambi in spogliatoi dove i dirigenti avversari lasciano apposta il riscaldamento acceso a giugno, per sfiancarti. Ti alleni tre volte a settimana e la domenica metti i soldi della benzina, per far la trasferta".

Oppure, la dignità per quella chiamata in nazionale che non arrivò mai, nonostante i 24 gol in campionato: "Ci andò Del Vecchio e non fu mai schierato. Non aver mai giocato in nazionale resta l'amarezza della mia vita"

Un grande fra i grandi

La carriera di Hubner è stata caratterizzata da grandi personaggi, da epici compagni e avversari complicati.

Al Brescia, soprattutto. Da Pirlo, "un fenomeno, educatissimo, il più forte con cui abbia giocato", a Baggio, "aveva 35 anni e molti acciacchi alle spalle, ma poteva farti vincere una partita in ogni momento", passando per Mazzone, "il tipico allenatore che scherzava quando le cose andavano male e ti massacrava quando andavano bene".

Per un pò rubò la scena a un certo Ronaldo, ma nell'intervista alla rosa confessa quali sono stati gli avversari peggiori: "Montero della Juve, erano botte per novanta minuti, ma a fine partita poi ci abbracciavamo e ci scambiavamo le maglie. E Nesta, il migliore. Eri convinto di aver la palla, ma ti anticipava sempre. Pulitissimo, non si attaccava mai alla maglia".

Un idolo vero e proprio, per qualità, carriera e momento storico. Auguri Hubner, auguri Bisonte.