Come in un 'the day after', l'Italia pallonara e non solo si è svegliata incredula, dopo l'umiliante eliminazione dalle finali del Campionato del Mondo che si svolgeranno in Russia il prossimo anno. E amara coincidenza, quasi a voler scomodare i corsi e ricorsi storici di Vico, nel destino della nazionale italiana c'è sempre la Svezia. Come non ricordare il famoso 'biscotto' con la Danimarca nel 2004 che costò l'eliminazione dell'Italia alla fase successiva, o le bocciature nei gironi di qualificazione agli Europei nel 1992 ed ai Mondiali del 1958, entrambi organizzati in terra svedese.
Una vera e propria maledizione, non c'è che dire.
Ma la disfatta azzurra parte da lontano, ed ha origine proprio all'indomani del trionfo ai Mondiali del 2006 in Germania. Da allora, abbiamo assistito ad un impoverimento del calcio italiano da tutti i punti di vista. Scarsa programmazione, mancato rinnovo dei quadri dirigenziali federali che portavano ad alcune scelte dettate solo dall'improvvisazione, senza un minimo di competenze tecniche specifiche. E mentre negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescita di nazionali come la Spagna, il Portogallo, la Francia e la sempre competitiva Germania, l'Italia ha dovuto fare i conti con altrettante disfatte alle edizioni dei Mondiali 2010 e 2014.
E se in Europa le nazioni citate hanno fatto la voce grossa anche a livello di club, grazie ad un ricambio generazionale ed alla politica dei vivai, i club italiani non sono riusciti nemmeno ad avvicinarsi, fatta eccezione per la Juventus, ai risultati sportivi conseguiti dai rivali europei. Ovviamente, bisogna riconoscere che il calcio italiano ha perso alcuni dei suoi maggiori talenti che negli ultimi 10/15 anni hanno scritto pagine esaltanti.
Ci riferiamo ai vari Totti, Pirlo, Del Piero, tanto per fare solo qualche nome, calciatori dotati di tecnica purissima ed in grado di illuminare la platea con una sola giocata, senza voler mancare di rispetto ai vari Varratti, Parolo, Belotti, Immobile, ecc.
In Italia mancano programmazione e cultura sportiva
Ma vogliamo mettere in conto anche una mancanza di cultura sportiva che non si è allineata agli altri paesi, come per esempio la realizzazione di strutture adeguate o la creazione di vere e proprie cittadelle dello sport per la valorizzazione dei settori giovanili.
Ecco perchè le lacrime di Buffon, Barzagli e De Rossi sono una dolorosa conseguenza di un fallimento, un disastro 'annunciato', che deve portare, inevitabilmente, ad un cambio di programmi, ad un veloce avvicendamento di dirigenti e tecnici.
Senza voler fare un processo sommario a coloro che sono stati in prima linea in questa disfatta, ci aspettiamo che ognuno si assuma le responsabilità, magari facendo un passo indietro, per tentare di ricostruire dalle basi una nazionale italiana degna di tale nome, per ridare nuovo slancio ed entusiasmo ad un settore, mai così in basso negli ultimi decenni.
'Il calcio non è solo un gioco, è un'industria', questo lo slogan che spesso abbiamo ascoltato tra i vari addetti ai lavori.
Da questo punto di vista è bene che se lo ricordino anche i nostri governi, in quanto se l'azienda pallonara entrasse in crisi, ne risentirebbe in maniera tangibile l'intera economia del Paese, senza trascurare l'unico aspetto romantico come sempre rappresentato dalle passioni dei tifosi.