Il fallimento adesso è certificato e già dopo il triplice fischio del secondo ottavo di finale dei Mondiali di Russia che ha visto l'Uruguay eliminare il Portogallo, abbiamo intravisto i primi titoli delle maggiori testate sportive. Facendo riferimento anche all'uscita di scena dell'Argentina per mano della Francia, poche ore prima, in tanti hanno puntato sulla 'caduta degli Dei'. Tali vengono considerati da almeno un decennio Leo Messi e Cristiano Ronaldo, ma di divino in questo Mondiale abbiamo visto ben poco. Nessuno dei due, in fin dei conti, è stato in grado di dare valore aggiunto a due nazionali spente che cedono dunque il passo a squadre di ben altro spessore.
Quell'immortalità calcistica che solo un titolo iridato può davvero regalare, pertanto, resterà una chimera nelle carriere di due grandi fuoriclasse che hanno vinto praticamente tutto a livello di club, ma nel torneo che per loro si è concluso anzitempo sono stati incapaci di essere 'profeti in patria'. Ironia della sorte, i fenomeni in questo caldo 30 giugno del 2018 hanno vestito altre maglie, mentre Leo e Cristiano, prigionieri del loro mito, sono stati oltretutto ingabbiati dalla sapienza tattica di due allenatori come Didier Deschamps ed Oscar Washington Tabarez che possiamo considerare di 'scuola italiana'. Il Mondiale, pertanto, vede cadere in un colpo solo gli astri che, più di tutti, dovevano risplendere di luce propria.
Il disastro Albiceleste
Il pessimo mondiale disputato dall'Argentina non ci ha sorpreso, perché in fin dei conti la squadra è la stessa che ha faticato oltremodo nelle qualificazioni. Se in quella circostanza Messi era stato in grado di caricarsi sulle spalle il peso della propria nazionale, la stessa responsabilità lo ha praticamente schiacciato al Mondiale russo.
Per alcuni critici, la 'pulce' avrebbe imboccato il viale del tramonto, in realtà ha pagato in prima persona l'assenza di una squadra incapace di esaltare le sue caratteristiche. In mezzo ad una cronica assenza di gioco, è sembrato quasi un leone in gabbia ed è naufragato miseramente nel grigiore generale e nella mediocrità.
Il Mondiale di Russia ha mostrato una volta e per tutte una verità che in tanti sapevano già, ma che altrettanti facevano finta di ignorare. Leo Messi non è Pelé, non è Maradona e nemmeno Puskas o Cruijff, è semplicemente un grande calciatore, forse il migliore della sua epoca, ma totalmente incapace di dimostrarlo nelle gare decisive di un campionato mondiale. Contro la Francia è stato tra i peggiori in campo, ma non aveva giocato certamente meglio la finale di quattro anni fa in Brasile o le altre sfide da 'dentro o fuori' con la maglia dell'Albiceleste. Difficile, alla luce di ciò che il campo ha dimostrato in questi anni, affermare che si tratti di un caso, piuttosto c'è una carenza cronica di personalità che viene meno nei momenti in cui solo la classe non è sufficiente a far vincere le partite.
CR7, la grande illusione
Dopo la fantastica 'tripletta' alla Spagna che ha mascherato nemmeno tanto bene i limiti della nazionale portoghese, in tanti erano concordi nel pronosticare il Mondiale di Russia come quello in cui Cristiano Ronaldo avrebbe fatto il 'miracolo'. Il successivo gol-partita contro il Marocco aveva alimentato questa illusione, poi è arrivata la disastrosa prestazione contro l'Iran in cui ha fallito un rigore ed è stato 'graziato' dal VAR per un intervento scorretto che avrebbe potuto meritare l'espulsione. Nell'ottavo di finale contro l'Uruguay è stato reso praticamente inoffensivo dall'ottima difesa avversaria: il cosiddetto 'marziano' è dunque tornato sulla Terra, ma il suo non è stato un atterraggio morbido, piuttosto un autentico crollo.
Certamente, il suo è stato un Mondiale migliore rispetto a quello del grande rivale argentino, ma nel complesso non è stato un torneo positivo. Troppa presunzione, eccessivo nervosismo, alla fine nemmeno il trascinatore del Real Madrid ha retto alla pressione che un intero Paese ha esercitato sulle sue spalle. CR7 conclude in disgrazia il suo ultimo campionato del mondo, così come prima di lui era toccato ad altri grandi protagonisti della storia del calcio. Questo non sminuisce tutto ciò che è stato capace di fare nella sua sfolgorante carriera, ma lo rende certamente più umano.
Maturi leoni e nuovi fenomeni
Sarebbe però estremamente ingiusto evidenziare quanto accaduto nella prima giornata della fase ad eliminazione diretta del Mondiale 2018 puntando l'attenzione esclusivamente sul flop degli Dei, veri o presunti.
Uruguay-Portogallo, ad esempio, è stata la partita di un 'maturo leone' come Edinson Cavani autore di entrambi i gol con cui la Celeste ha superato per 2-1 i lusitani. Due autentiche perle quelle dell'ex attaccante di Palermo e Napoli, ma sono colpi tipici del suo repertorio. Purtroppo è uscito claudicante dal campo e le prime impressioni in merito al suo infortunio non sono buone: il dolore al polpaccio sinistro che gli ha impedito di proseguire il match lascia intravedere, a voler essere pessimisti, la possibilità di una lesione muscolare. “Dio voglia che non sia nulla di serio”, ha detto Cavani a fine gara. La partita tra Francia ed Argentina, conclusa con lo scoppiettante 4-3 in favore dei transalpini, ha invece visto probabilmente la consacrazione di un nuovo, giovanissimo fenomeno.
Kylian Mbappé non ha ancora 20 anni: l'ultimo teen-ager a trascinare in questo modo la propria nazionale ad un successo importante era stato Pelé nel suo primo Mondiale, 60 anni fa. In quella sua devastante accelerazione, 60 metri di campo palla al piede che ha portato al calcio di rigore, ma anche nella sua successiva doppietta, si sono visti numeri che appartenevano ad un certo Ronaldo Nazario da Lima: Mbappé è meno potente, più leggero e guizzante del brasiliano, ma ugualmente incontenibile se ha spazio per partire in progressione e decisamente letale anche negli spazi stretti. Così la Francia che era stata criticata dopo le sue prime tre uscite, ha trovato il fenomeno che può davvero portarla lontano in questo Mondiale.