I folti capelli lunghi sulle spalle e quei baffoni da pistolero. Lo ricordiamo così Leopoldo Luque, insieme a Bertoni e Kempes fu il perno dell'attacco argentino ai Mondiali del 1978. Gol pesantissimi che sostennero l'Albiceleste nel suo torneo casalingo che l'avrebbe vista fregiarsi del primo alloro iridato, in mezzo anche una tragedia familiare che travolse il "puntero" di Menotti con la morte del fratello proprio durante lo svolgimento del Mundial.

Leopoldo Luque non c'è più, dopo Diego Maradona pertanto il calcio argentino piange un altro dei suoi figli prediletti: a portarlo via all'età di 71 anni complicazioni cliniche dovute al coronavirus.

"El Pulpo" aveva contratto il virus lo scorso dicembre, le sue condizioni di salute si erano aggravate a gennaio costringendolo al ricovero in un ospedale di Mendoza. Secondo quanto riportano i media argentini, gli sarebbe stata fatale una crisi respiratoria nel pomeriggio del 15 febbraio.

Dal River Plate alla seleccion

Leopoldo Luque era nato a Santa Fé il 3 maggio del 1949. Era un atleta polivalente e, oltre al calcio, aveva anche praticato ginnastica, scherma e ciclismo, il padre del resto era un ciclista professionista. A convertirlo alla "Dea Eupalla" sarebbe stato un gruppo di sacerdoti che amavano giocare su un campetto di periferia e, dopo averlo coinvolto in alcune partitelle, ne notarono l'indubbio talento.

Il suo primo contratto da professionista lo firma con l'Union de Santa Fé, poi il trasferimento al Rosario Central nel 1972 con cui debutta nella prima divisione argentina. Tre anni dopo approda al River Plate e con la mitica maglia de "Los Millonarios" avviene la sua definitiva consacrazione. Con il River in cinque anni vincerà tre volte il torneo Nacional e due volte il Metropolitano, centrando l'accoppiata nel 1979.

Nel frattempo anche il Ct dell'Argentina, Luis Cesar Menotti, si accorge di lui e lo convoca per la Copa America del 1975: nella sua prima gara con la maglia dell'Albiceleste giocata a Caracas contro il Venezuela e vinta 5-1 dall'Argentina, Luque realizza una tripletta.

Il Mondiale 1978 e la grande tragedia

Luque è un punto fermo per l'attacco di Menotti, il Ct conosciuto come "El Flaco" sa di rischiare tanto nella scelta degli uomini che comporranno la nazionale che nel 1978 avrà l'onore e l'onere di ospitare la fase finale della Coppa del Mondo.

Si gioca in un paese stretto nella morsa della dittatura militare, Menotti (che non è molto amato dal regime alla luce delle sue aperte simpatie marxiste) è consapevole di giocarsi la sua intera carriera in caso di un risultato diverso da quello auspicato da Jorge Rafael Videla e dalla sua "junta", ovvero la conquista del titolo mondiale.

Il tecnico premia dunque l'esperienza nella sua seleccion dove non c'è posto per il talento emergente del calcio argentino, Diego Maradona, e nella quale il puntero di Santa Fé è un titolare fisso al centro dell'attacco. Fiducia ampiamente ripagata da Luque che realizza due gol pesantissimi che valgono le vittorie nella prima fase contro Ungheria e Francia. Dopo il match con i transalpini, però, gli viene comunicata una tragica notizia, il fratello Oscar è deceduto in un incidente stradale.

In cima al mondo

Luque è devastato, ma decide di continuare il campionato del mondo. Salta la successiva partita persa dall'Argentina contro l'Italia per una lussazione ad un gomito, la seleccion si ritrova a giocare a Rosario dove nel girone della seconda fase c'è da superare soprattutto la concorrenza del Brasile. Il centravanti non brilla nella vittoria sulla Polonia e nel pari a reti bianche con i brasiliani, poi segna due gol nel controverso 6-0 inflitto al Perù che porta l'Argentina alla finalissima con l'Olanda: il 3-1 dopo i tempi supplementari inflitto agli "orange" vale il titolo. Per Leopoldo Luque è il più ambito riconoscimento della carriera, proseguirà comunque a giocare ancora qualche anno: disputerà le sue ultime gare con la nazionale alla Copa de Oro, il Mundialito in Uruguay nel 1981 chiudendo la sua lunga parentesi nell'Albiceleste con 45 partite e 22 gol.

Dopo aver lasciato il River nel 1980, invece, vestirà la maglia del Racing Club e tenterà anche l'avventura brasiliana con il Santos, con poca fortuna. Si ritira nel 1985. Negli ultimi anni della sua vita svolge l'attività di segretario delle attività sportive della provincia di Mendoza.