Il partito svizzero di destra Unione Democratica di Centro ha promosso in questi giorni un nuovo duro attacco contro gli immigrati: stop alla libera circolazione delle persone, ai nuovi ingressi, ai ricongiungimenti familiari e anche ai lavoratori frontalieri e alle richieste di asilo. Ora la decisione spetta agli elettori che il prossimo 9 febbraio voteranno tramite referendum se accettare o meno la nuova politica sull'immigrazione proposta da uno dei partiti facenti parte del Consiglio Federale.
Il paese alpino non è di certo nuovo a campagne xenofobe portate avanti a mezzo stampa e con vere e proprie campagne pubblicitarie promosse prevalentemente dalla formazione guidata dall'imprenditore Christoph Blocher.
Tra gli episodi più noti c'è il manifesto in cui delle pecore bianche cacciano dallo sfondo costituito dalla bandiera svizzera una pecora nera. La stessa popolazione si è espressa in passato in modo ostile alle minoranze come nel caso della vittoria del no al referendum per la costruzione di minareti in territorio elvetico. In passato l'UDC ha promosso addirittura una campagna che, ponendo le basi ad un diritto penale differenziato sulla base della nazionalità, chiedeva l'inasprimento delle pene per i reati commessi da stranieri, attirandosi l'ostilità di parte della stampa conservatrice del paese.
Questo sentimento xenofobo non è certamente nuovo e molte volte si è rivolto anche contro italiani, soprattutto frontalieri, colpevoli di privare del lavoro i cittadini svizzeri.
Secondo i sondaggi una buona fetta dell'elettorato, benché minoritaria, sarebbe propenso a sostenere il referendum ma sussisterebbe tuttora un numero consistente di indecisi anche nell'elettorato di altri partiti ufficialmente contrari alla proposta. Se il referendum dovesse avere esito positivo costituirebbe, indubbiamente, un serio colpo ai molti italiani che, in ragione della vicinanza delle frontiere e delle migliori condizioni socio-economiche del paese alpino, decidono ogni anno di cercare lavoro in Svizzera.