Michelle Obama, moglie del presidente degli Stati Uniti Barak Obama, ha rilasciato una dichiarazione poche ore fa -intervenendo al posto del marito nel consueto discorso del sabato-, nella quale ha affermato che sia Obama che lei sono “affranti e indignati” per il sequestro delle studentesse nigeriane. 

La First Lady ha detto di essersi immedesimata nello stato d’animo dei genitori delle giovani e di aver rivisto in loro le sue stesse figlie, Malia e Sasha che hanno rispettivamente 15 e 12 anni: “In queste ragazze, Barak ed io abbiamo visto le nostre figlie”.

Le oltre 200 studentesse erano state rapite lo scorso 15 aprile, nel dormitorio della scuola femminile di Chibok da Boko Haram, un’organizzazione terroristica jihadista che opera nel Nord-Est della Nigeria. Il nome stesso del gruppo significa “l’educazione occidentale è sacrilega” e punta a instaurare la shari’a sia in Borno che nel Ciad.

Ieri è arrivata ad Abuja, la capitale della Nigeria, una task force di specialisti, composta da americani, francesi e inglesi, incaricata di fornire supporto all’esercito nigeriano, impegnato da giorni nella ricerca delle giovani rapite.

Michelle Obama ha aggiunto che “Questo atto inqualificabile è stato commesso da un gruppo terroristico determinato a impedire a queste ragazze di ricevere un'istruzione - uomini adulti che tentano di spegnere le aspirazioni delle ragazze.” La First Lady aveva insistito già sabato mattina, in un suo intervento alla Università Dillard di New Orleans sul diritto alla conoscenza che è stato negato alle studentesse nigeriane e nel discorso serale alla radio ha invitato i suoi connazionali a pregare per loro.
A supporto, la moglie di Obama, aveva già diffuso su Twitter una sua foto e un messaggio nel quale era scritto: “Le nostre preghiere sono con le ragazze nigeriane sparite e con le loro famiglie. È tempo di riportare le nostre ragazze a casa”, aderendo in questo modo alla campagna in corso sul social network. A tale campagna possono aderire tutti seguendo l’hashtag: #BringBackOurGirls.