Continuano le indagini per dare un nome all'assassino del piccolo Loris di Santa Croce Camerina e continuano anche le clamorose sorprese che emergono sul conto della madre Veronica che per il momento, al 7 dicembre 2014, stupisce con comportamenti anomali in un primo momento attribuiti alla comprensibile confusione mentale dopo la tragedia della perdita del bimbo, di nome Loris Stival, solo 8 anni. Sapevamo che in passato la madre tentò il suicidio addirittura due volte e sappiamo che secondo le indagini Loris sarebbe stato strangolato con una fascetta da elettricista.

Oggi si apprende che Veronica Panarello, di anni 25, tentò il suicidio proprio con un oggetto del genere: con una fascetta usata dagli elettricisti. Ovviamente diventa difficile ipotizzare una mera coincidenza ma servono comunque prove certe della colpevolezza per un crimine così turpe.



Altro particolare sul quale soffermarsi è che il bimbo aveva i polsi legati e pare proprio dalle solite fascette da elettricista protagoniste di tale inchiesta. Viene quasi da pensare a una dura punizione per un grave atto di disobbedienza ma siamo sempre nel campo delle ipotesi mentre questa inchiesta ha bisogno di atti concreti. Da quanto risulta Veronica aveva un rapporto difficile con sua mamma e quando tentò di togliersi la vita era molto giovane.

Nei giorni scorsi si è avanzata anche l'ipotesi del delitto da lupara bianca, modalità con cui certi clan mafiosi in passato punivano le persone che si erano ribellate in qualche modo uccidendo i loro bambini ma al momento non ci sono riscontri utili ad avvalorare questa tesi.



Se invece davvero il fil rouge che lega la morte di Loris alla madre sono le fascette da elettricista allora il timore che la donna possa essere rimasta vittima di un raptus omicida che potrebbe addirittura aver rimosso. Per dovere di cronaca dobbiamo dire che Veronica si dichiara tenacemente non colpevole e si dice anche offesa dai sospetti.

Lascia quindi al suo avvocato il compito di parlare per suo conto in modo da non venire male interpretata. "Mi hanno già condannata" dice la donna. Il problema è un altro, che deve dare spiegazioni credibili sulle numerose contraddizioni della sua testimonianza su ciò che accadde quel maledetto 29 novembre, quando un bimbo di soli 8 anni viene trovato morto nei pressi di un Mulino nella provincia di Ragusa.