Quarantuno anni dopo quel 28 maggio 1974, i due neofascisti del Veneto legati alla strage di Piazza della Loggia - Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte - sono stati condannati all'ergastolo. La sentenza è arrivata ieri sera, poco dopo le 21. La seconda Corte d'assise d'appello di Milano è rimasta otto ore in camera di consiglio, accogliendo la richiesta del procuratore generale Maria Grazia Omboni che aveva chiesto l'ergastolo per entrambi gli imputati. Un verdetto a lungo atteso e importante per il passato, il presente e il futuro del paese.

Quel 28 maggio di 41 anni fa, in piazza della Loggia morirono otto persone e ne rimasero ferite ben 102.

Il tutto, sostiene la sentenza, per volere di un'ex collaboratore dei servizi segreti italiani, Maurizio Tramone, e del medico Carlo Maria Maggi, ispettore per il Triveneto vicino al movimento politico di estrema destra Ordine Nuovo. Si parla di sentenza storica poiché arriva in occasione del processo d'appello bis, dopo che, nei processi precedenti, non si era mai arrivati a condannare nessuno.

I familiari: 'Ora abbiamo una verità giudiziaria' 

L'associazione dei familiari delle vittime, rappresentata dal presidente Manlio Milani, ha parlato di "verità giudiziaria" che va ad aggiungersi alla "verità storica" di quanto successe, alle 10 e 21 di quel 28 maggio, in quella piazza di Brescia in cui si confrontano (neo)fascismo e antifascismo.

Milani, quel giorno, perse la moglie Livia Bottardi, insegnante di lettere di 32 anni.

In aula, dopo la lettura della sentenza, i familiari delle vittime si sono lasciati andare a lunghi abbracci. Si tratta di una sentenza importante, "decisiva" ma la giustizia, sostiene Milani, ne esce "depotenziata" proprio perché si è arrivati a questa sentenza dopo 41 lunghissimi anni.

Ciononostante, ha continuato il vedovo, questa sentenza prova che si può raggiungere la verità.

I processi 

Quella per la strage di piazza della Loggia è una vicenda giudiziaria lunga, intricata, fatta di morti in carcere, assoluzioni, sentenze annullate e proscioglimenti. Nel 1974 i magistrati iniziano a indagare per capire chi si celi dietro quella bomba, a chi appartenga la mano che l'ha nascosta nel cestino e chi abbia organizzato (e pensato) l'attentato.

La prima sentenza arriva nel 1979 con una condanna a dieci anni di reclusione per Angelino Papa e quella all'ergastolo di Ermanno Buzzi, entrambi esponenti dell'estrema destra bresciana. Quest'ultimo finirà strangolato nel carcere di Novara per mano di Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, afferenti alla stessa area politica. Quel processo finirà con le assoluzioni in secondo grado del 1982, poi annullate dalla Corte di Cassazione che, nel 1985, dispone un nuovo processo per Angelino Papa, Nando Ferrari, Marco de Amici e Raffaele Papa.

Nel 1984, in seguito alle confessioni di alcuni pentiti, viene aperta un'inchiesta bis che poi si concluderà nel 1989 con un proscioglimento con formula piena in favore dei neofascisti Cesare Ferri, Alessandro Stepanoff e Sergio Latini, poi confermato anche dalla Cassazione.

Nel 1987, tra l'altro, gli imputati erano stati assolti in primo grado per insufficienza di prove

Nel 2008 una terza inchiesta porta al rinvio a giudizio di Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte e Delfo Zorzi - tutti e tre ordinovisti - e di Francesco Delfino, Giovanni Maifredi e Pino Rauti. Due anni dopo i giudici della Corte d'assise di Brescia assolveranno con formula dubitativa tutti gli imputati: decisione confermata due anni dopo dalla Corte d'appello. Il 21 febbraio 2014, però, la Corte di Cassazione annulla le assoluzioni di Tramonte e Maggi e lascia che venga istruito un nuovo processo d'appello per accertare le responsabilità dei due ex esponenti di estrema destra nella strage di Brescia.