Si sa che i rapporti interpersonali fra congiunti conviventi spesso sono difficili. A far scoppiare la coppia, provocando una crisi coniugale, infatti, può essere anche un semplice battibecco che può degenerare in un litigio dalle dimensioni preoccupanti, specie quando entrambi i coniugi credono fermamente di essere dalla parte della ragione.
La crisi coniugale, però, non è solo il preludio della fine di una storia d'amore, ma può diventare il presupposto per integrare un reato penale quale quello di evasione.
Descrizione del caso sottoposto ai giudici di legittimità
Protagonista della vicenda è stato un imputato sottoposto agli arresti domiciliari, che un giorno scappa via dalla sua abitazione in cui stava scontando, appunto, tale misura di sicurezza.Quello che all’apparenza poteva sembrare un tentativo di fuga per sottrarsi al controllo dell’autorità giudiziaria, in realtà era stato un disperato tentativo di sottrarsi alle grida esasperanti della moglie.La reazione impulsiva di chiudere dietro di sé la porta di casa, allontanandosi velocemente dal luogo in cui si era svolto il violento litigio è costata, però, cara al povero marito che è stato citato in giudizio con l’accusa di evasione.
Per fortuna egli ha potuto contare sulla comprensione dei giudici della Corte di Cassazione, che lo ha assolto per via di un particolare rilevante: una telefonata agli agenti del 113 per avvertire che la scappatella dal domicilio coatto era stata provocata dalla furia delle moglie, alla quale avrebbe preferito un regime cautelare più rigido come il carcere.
Il marito che chiama al 113 è difficile che voglia evadere
La Corte di Cassazione, con tale decisione, precisa innanzitutto che la materialità dell’evasione resta integrata allorché il soggetto si sottrae allo stato di restrizione personale, a nulla rilevando che l’evasione avvenga in luogo aperto o chiuso.Ma ciò non è sufficiente perché deve sussistere anche la consapevolezza e la volontà del reo di usufruire di una libertà di movimento vietata dalle norme penali, voluta anche unicamente come fine a se stessa (dolo generico).
Gli Ermellini, dopo aver esaminato il comportamento complessivo dell'imputato, lo hanno quindi scagionato, dal momento che non c’era mai stata la volontà di evadere.Infatti, egli aveva chiamato i Carabinieri, chiedendogli di venirlo a prendere per condurlo direttamente in prigione. Il tentativo di evasione, semmai, c’è stato nei confronti della moglie, non dell’autorità giudiziaria.
È mancata quindi la consapevolezza di violare il divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, indipendentemente dai motivi che hanno determinato la fuga (Corte cassazione, sentenza n. 44595 del 04.11.2015). Per altre info sul diritto, premi il tasto segui.