Mentre in Italia, dopo il tentato suicidio della ragazza di Pordenone, l'ennesimo caso di vittima di bullismo, si chiede a gran voce che venga approvato un disegno di legge che inquadri il bullismo ed il cyberbullismo come reati giuridicamente perseguibili, in Spagna un giudice ha deciso di archiviare il caso di Diego, il ragazzino di 11 anni suicidatosi lo scorso 14 di ottobre lanciandosi dal quinto piano della sua abitazione. Diego ha lasciato una lettera ai suoi genitori, nella quale spiega le ragioni del suo disperato ma lucido gesto: “Non sopporto più ad andare a Scuola, e non c'è un altro modo per non andare”.
Nonostante le parole del ragazzo e la testimonianza di diversi genitori che hanno riferito problemi di bullismo a scuola, la polizia ha escluso che questo sia un caso di bullismo; “Chiediamo solo che il giudice si metta nei nostri panni e che, almeno, indaghi fino in fondo”, ha dichiarato la madre del ragazzo al quotidiano El Mundo.
Quando il corpo di Diego era in obitorio, alcuni poliziotti si sono presentati per prendere dei campioni dal corpo che potessero condurre a degli abusi sessuali, “ma questi campioni non sono mai stati analizzati”, afferma l'avvocato della famiglia. I genitori chiedono che la causa non venga chiusa, “in quella scuola stanno succedendo delle strane cose”, sostengono.
Infatti, nel 2010 una studentessa dello stesso istituto religioso che tentò il suicidio, dichiarò che “i professori permettevano che le altre bambine mi picchiassero perché dicevano che mi avrebbe resa più forte”. La giovane presentò denuncia ma non si arrivò a nessuna condanna. Il quel caso il direttore dell'istituto dichiarò che in realtà la bambina era una manipolatrice.
Ma perché Diego non sopportava andare a scuola? Cosa accadde l'anno prima quando rimase afono per quattro mesi e i medici dissero che aveva subito un forte impatto? Nella sua lettera il giovane chiede perdono alla sua famiglia per il suo gesto: “spero che un giorno possiate odiarmi un po' meno”. Ma sicuramente non è odio il sentimento che ha lasciato nel cuore dei suoi genitori, piuttosto una tristezza infinita e la voglia di lottare affinché venga fatta chiarezza sul motivo della sua morte.