Dieci giorni, non uno di più. Il tempo massimo per capire se la pace in Siria è possibile. Intanto si continua a combattere sul fronte Isis ma, almeno, la difficile tregua tra il regime di Damasco ed i ribelli ha retto, pur affrontando momenti di comprensibile tensione. I negoziati iniziano oggi a Ginevra, ieri è giunto nella città svizzera Bashar al-Jaafari, capo negoziatore del governo di Assad. Un giorno prima era arrivato Mohammad Alloush, rappresentante dell'opposizione al regime, accompagnato ad altri esponenti dei principali gruppi ribelli.
Arbitro della contesa è naturalmente Staffan de Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria.
I punti fondamentali dell'accordo
Le Nazioni Unite sono ferme su un punto cardine ed è quello sul quale dovranno confrontarsi le due opposte fazioni: un nuovo governo per la Siria. Staffan de Mistura ha indicato in 18 mesi il termine entro il quale dovranno essere indette le elezioni presidenziali e parlamentari. Chiesto anche il varo di una nuova costituzione. Sono soluzioni che l'attuale governo siriano sembra disposto ad accettare, anche perché non ha alternative. Piuttosto, lo scoglio da superare è legato al destino del rais. L'idea di base è quella di far decidere il popolo siriano e pertanto Bashar al-Assad dovrebbe candidarsi alle elezioni dopo che sarà formato un governo provvisorio.
La tesi è condivisa da Stati Uniti e Russia, in entrambi i casi a malincuore. Mosca avrebbe voluto la continuità del regime, da sempre fedele alleato. Washington mantiene una posizione ambigua, di fatto vedrebbe di buon grado l'uscita di scena dell'attuale leader che però sta facendo la guerra all'Isis ed alla fine potrebbe rivelarsi utile.
La sconfitta dello Stato Islamico resta un obiettivo comune di russi, americani e siriani filogovernativi.
I ribelli: 'Assad deve lasciare il potere'
Il rischio, piuttosto concreto, è che i negoziati possano diventare una sorta di "referendum" pro e contro Assad. Se l'amministrazione Obama negli Stati Uniti è disposta ad accettare la partecipazione del rais alle elezioni, entro i confini siriani non sono dello stesso avviso gli oppositori al regime.
Mohammad Alloush è stato categorico. "Assad deve lasciare il potere - ha detto - vivo o morto, affinché i colloqui di pace possano avere successo. Non ci può essere nessuna transizione con il capo di questo regime ancora al potere". Su questo punto, la posizione del regime è, per forza di cose, diametralmente opposta ma altrettanto granitica. "Assad è una proprietà del popolo siriano - ha detto il ministro degli esteri di Damasco, Walid al Muallem - e non parleremo con chi vuole metterne in discussione la presidenza".
Il precedente fallimentare
Sembra un film già visto poco più di due anni fa, quando a Ginevra si svolsero i primi negoziati per la pace in Siria, anche in quella circostanza organizzati dall'Onu con la collaborazione dei governi di Washington e Mosca.
"Ginevra 2" fu un clamoroso fallimento e nella seconda fase dei colloqui, svolti tra il 10 ed il 14 febbraio 2014, le due delegazioni rifiutarono addirittura di sedersi allo stesso tavolo. Fu un brutto colpo per il prestigio stesso delle Nazioni Unite, con l'allora inviato speciale per la Siria, Lakhdar Brahimi, che chiese ufficialmente scusa al popolo siriano. Oggi occorre invece gettare le basi affinché la carneficina venga arrestata, una volta per tutte. In nome delle oltre 250.000 vittime di cinque anni di guerra di cui oltre 50 mila solo negli ultimi dodici mesi.