Ci potrebbero essere delle nuove prospettive, nonché dei cambiamenti di rotta a vantaggio di chi svolge lala professione di avvocato.Attualmente, le regole che hanno ad oggetto l'iscrizione obbligatoria alla Cassa Forense sotto la veste di condizione legittimante per iscriversi al relativo albo professionale o far sì che l'iscrizione prosegua, stanno subendo dei mutamenti interpretativi e applicativi. Si sostiene che continuando per siffatta strada, si finisce per creare delle disparità e favorire coloro i quali godono di un reddito tale da poter pagare i contributi a discapito di chi non riesce.
Per questi ultimi, la strada alternativa da poter percorrere è la cancellazione dall'albo. Questi oneri di natura economica violano oltre che la Costituzione, anche la Carta dei Diritti dell'Uomo e il diritto dell'Unione Europea. L'assunto è stato dichiarato dalla recente sentenza del Tar Lazio (sent. n. 7353 del 24 giugno 2016).
Il Tar Lazio apre le frontiere a nuove prospettive
Il Tar si è pronunciato sulla legittimità del regolamento attuativo che prevede l'iscrizione automatica alla Cassa e la conseguente cancellazione per chi non paga. In realtà, la sentenza in questione termina con una dichiarazione di difetto di giurisdizione, eccependo la competenza del giudice del lavoro. Ma, nella sentenza si legge che tutti gli avvocati sono titolari del diritto ad essere inclusi nell'unico sistema previdenziale, godendo di medesima dignità professionale.
In virtù del fatto che i criteri fissati dalla Cassa sono stati decisi da avvocati con più anni di esperienza, questi ultimi potrebbero avere un chiaro interesse a limitare l'accesso e l'esercizio della professione ad opera dei più giovani, con finalità di attenuarela concorrenza in un ambiente ormai in declino.Il contributo minimo, è pertanto, rimesso al volere della Cassa, privo di un prefissato e preciso controllo.
Tar Lazio: ulteriori incostituzionalità, in particolar modo la violazione del reddito minimo
Le agevolazioni sono previste per i primi due anni di attività professionale; successivamente si passa al contributo ordinario. Tale circostanza è proprio il punto cruciale dell'asserita incostituzionalità. La difficoltà economica non riguarda solo coloro che hanno appena superato l'esame di abilitazione; al contrario, i giudici del Tar Lazio, evidenziano come gli ostacoli riguardano anche gli avvocati che esercitano da oltre dieci anni.
I legali deboli sono di fatto penalizzati e costretti a rinunciare all'iscrizione all'albo e ripiegarsi su altri tipi di lavoro, talvolta diversi dal proprio percorso caratterizzato da anni di sacrificio. Si segnala, infine, che la non legalità della diversità che divide in due le tipologie di avvocati, è contraria al principio del reddito minimo, con il quale si vuole assicurare a tutti i lavoratori il sacrosanto diritto di soddisfare i minimi ed irrinunciabili bisogni di una esistenza dignitosa.