Un altro terribile delitto, che si chiama femminicidio. E' l'odio che si scaglia su una donna in quanto tale. Una donna che ha scelto di dire no, che ha scelto la libertà, che ha scelto di ribellarsi ad una relazione soffocante, o che semplicemente credeva di avere il diritto di vivere la propria vita. Ed è per questo che è stata punita. Si chiama Alessandra, ed è bene ricordarlo e gridarlo, perché questi delitti devono avere un nome e un volto. Non quello dell'assassino, meritevole di punizione e oblio, ma quello della vittima, che deve rimanere in qualche modo sempre tra noi.

Si chiamava Alessandra Maffezzoli, e faceva la maestra. E' stata ammazzata da Giuliano Falchetto, reo confesso, come nell'ultimo terribile caso che ha visto uccisa Sara di Pietrantonio, bruciata viva da chi diceva di amarla.

Un delitto nato dall'odio che nulla ha a che vedere con l'amore

Questi uomini, pentiti, rei confessi, disperati, sembrano quasi recitare un grottesco copione. "Non ero in me, io l'amavo, non so come ho potuto", sono le frasi che ricorrono negli interrogatori che gli investigatori sono costretti ad ascoltare. A Pastrengo nel veronese, solo poche ore fa, stamane 9 giugno, Giuliano Falchetto, 53 anni, ha confessato di aver ucciso la sua ex convivente a colpi in testa con unvaso e a pugnalate.

Poi è scappato. Sembra che abbia provato a suicidarsi. Il motivo è sempre lo stesso: impedire ad una donna di andarsene, quando non si è stati capaci di tenerla con sé. Ogni giorno le cronache ci parlano di veri e propri bollettini di guerra, e sembra quasi che gli assassini alimentino la loro furia codarda attraverso le notizie dei reati.

Telefono Rosa grida "quanteancora" per dire al governo di fare di più

Da Telefono Rosa, come potete vedere in allegato, nasce l'hastag #quanteancora. Quante ancora è ciò che cichiediamo tutti. Quante donne devono ancora morire, dice la presidente dell'associazione Gabriella Moscatelli, prima che il nostro governo si renda conto che quello che fa contro il fenomeno del femminicidio non basta?

Dal primo gennaio sono già 57 le donne uccise nei modi più terribili. Colpite, strangolate, bruciate, accoltellate, in nome di qualcosa che si può definire in tanti modi ma certamente non amore. Una delle poche proposte concrete di modificare la legge arriva dalla storia di Vanessa Mele, figlia di un uxoricida che sta tentando di impedire che colui che gli ha ammazzato la madre possa anche ereditarne i soldi.

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