Non è passata neanche una settimana dalla strage di Dacca: erano circa le nove di venerdì primo luglio 2016, una data che ricorderemo facilmente, quando sette terroristi hanno seminato panico, diffuso sangue e strappato vite all'interno delristoranteHoley Artisan Bakery, sitonel quartiere diplomatico di Gulshan della capitale, a pochi metri dall'ambasciata italiana.Ventidue le vittime barbaramente trucidate, di cui noveitaliani, sette giapponesi, cinque bengalesi, un cittadino indiano e uno statunitense.
L'ennesimo attentatocontro innocenti
L'obiettivo dei terroristi dell'Isis erano gli stranieri e i non fedeli.
Infatti, dopo aver "interrogato" le persone sequestrate all'interno del locale sul Corano, hanno fatto uscire quelli di religione musulmana. Aglialtri hanno fatto vederele pene dell'inferno. La polizia, arrivata troppo tardi, ha avuto una colluttazione con gli assassini, sparando per sbaglio anche ad una delle vittime. Gli attentatori appartenevano alla borghesia del posto, avevano frequentato le migliori scuole, le loro famiglie erano abbienti; quel che è certo, è che non si sono uniti alla guerra santa spinti dalla fame e da un passato di miseria. Il lavaggio del cervello dello Stato Islamico non ha classi sociali.
Le vittime italiane arrivano in Italia
Ieri le salme delle nove vittime italiane, tutti professionisti che si rimboccavano le maniche per assicurarsi un futuro in un paese straniero, il Bangladesh, e ad alto rischio per gli occidentali, sono arrivate in Italia.
L'aereo con i corpi è atterrato a Ciampino: ad accoglierlo, il presidente Mattarella e i familiari, distrutti. Immediata l'autopsia, che svela particolari rivoltanti. I nove innocenti - dieci sesi calcola la donna incinta e il suo bambino che non verrà più al mondo - sono stati torturati e seviziati per ore. Gli strumenti della mattanza sono stati machete ed altre armi da taglio.
Il corpo di grazia è arrivato volutamente tardi, una novità in materia di stragi.Gli attentatori, inoltre, non si sono suicidati con cinture esplosive, ma sono stati uccisi nella colluttazione dalla polizia.