Cronaca Cosenza -Erano costretti a dormire in porcili e stalle e a lavorare duramente ricevendo una paga misera. La Guardia di Finanza di Montegiordano (Cosenza) ha stroncato una organizzazione dedita al caporalato che aveva il suo punto di riferimento in un pakistano che reclutava manodopera da fornire poi agli imprenditori che ne avevano bisogno di personale a basso costo. Il pakistano intratteneva rapporti con soggetti in regime di protezione e perfino con un latitante nonchè con diciannove immigrati irregolari. Come si vede anche dal video postato in coda all’articolo, gli immigrati erano costretti a vivere in condizioni igienico sanitarie pessime, stalle e porcili erano i luoghi adibiti a dormitori.
I documenti dei lavoratori venivano trattenuti e custoditi dal caporale che li teneva in armadi metallici a cui solo lui poteva avere accesso. Quella scoperta dalle fiamme gialle, che hanno lavorato per oltre un anno alle indagini con controlli capillari dei transiti sulla costa Ionica, era una vera e propria organizzazione criminale che era riuscita a fare del caporalato un importante business economico. I guadagni illeciti del caporale pakistano sono stati quantificati in circa 250 mila euro in un anno, soldi inviati in Pakistan tramite money-trasfer. Parte dei soldi veniva invece utilizzata per finanziare le cosiddette bacinelle della criminalità organizzata che permettevano al caporale di muoversi senza problemi.L'operazione della Guardia di Finanza che ha portato alla segnalazione all'autorità giudiziaria di 49 persone, fa emergere un dato molto importante, quello cioè che in certe parti di Italia l'utilizzo illegale di manodopera è molto diffuso così come lo sfruttamento di immigrati irregolari.
Il Senato ha votato disegno di legge contro il caporalato
In tal senso è di pochi giorni fa la votazione del Senato che con 190 si ha approvato il disegno di legge contro il caporalato, un disegno che riscrive il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e prevede la responsabilità diretta del datore di lavoro con una pena fino a sei anni di carcere per chi sfrutta i lavoratori agricoli.