Nel momento di massima difficoltà sul fronte siriano, gli Stati Uniti d'America tirano fuori uno di quei successi frutto dell'incessante lavoro "sommerso" dei servizi segreti. I 'complottisti a tutti i costi' diranno che non è un caso ma visto sul fronte della guerra all'Isis, ciò che conta è il risultato. Abu Mohammad al-Adnani, uno dei leader di spicco dello Stato Islamico, è stato ucciso dall'attacco di un drone statunitese. L'azione è avvenuta nel distretto di Al-Bab, a circa 50 km da Aleppo. Insieme a lui sarebbero rimasti uccisi altri cinque miliziani dell'Isis.

Secondo quanto dichiarato dal Pentagono, l'attacco non è frutto del caso: al-Adnani era l'obiettivo e resta ora da confermare l'effettiva riuscita dell'operazione. Ma ci sono invero pochi dubbi sull'identità della persona uccisa martedì notte ed in questo caso il comunicato di Amaq, l'agenzia di stampa del Califfato, è probabilmente la fonte più attendibile. Gli stessi collaboratori del sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi hanno confermato la morte di al-Adnani: "Il valoroso cavaliere - si legge nella nota - è stato abbattuto mentre cavalcava il suo destriero durante un'ispezione militare in provincia di Aleppo".

La voce della propaganda

Il vero nome di Abu Mohammad al-Adnani era Taha Falah.

Siriano, nato nel 1977 ad Idlib, era un uomo di fiducia di al-Zarqawi, il terrorista giordano affiliato ad Al Qaeda dalla cui scissione con l'organizzazione fondata a suo tempo da Osama Bin Laden sarebbe poi nato l'attuale Stato Islamico. Si tratta del secondo leader di spicco ucciso da un raid statunitense dopo Omar Shishani, detto "il ceceno".

Abu Mohammad al-Adnani era fuggito dalla Siria negli anni scorsi, dopo essere stato più volte passato per le carceri del regime di Bashar al-Assad. Successivamente era stato arrestato in Iraq dalle forze antiterrorismo ed ha passato almeno sei anni a Camp Bucca. Fuori dal carcere si è affiiato all'Isis ed il suo è stato un ruolo strettamente propagandistico.

Sarebbe stato il creatore dell'imponente macchina telematica del Califfato che avrebbe permesso il reclutamento via web di centinaia di foreign fighters. Il suo proclama più famoso è la "chiamata alle armi" del 22 settembre 2014, quando in una dichiarazione audio di 42 minuti aveva incitato gli islamisti che vivono in Occidente a prendere e armi e fare strage di "miscredenti" in Europa e negli Stati Uniti.

Una vittoria di Pirro

La principale necessità di Washington è quella di "mascherare" il momento di estrema difficoltà che sta vivendo in tutta la questione siriana. Oggi la testa di uno dei leader di spicco del Califfato è stata servita sul piatto d'argento e parte della stampa ne sta gonfiando il ruolo, definendolo addirittura "la mente" degli attacchi jihadisti in Europa.

Sarebbe il caso di definirlo "una fonte di ispirazione", la rete di propaganda dello Stato Islamico è abbastanza efficiente ed in grado di funzionare anche senza i suoi proclami. Con o senza al-Adnani, oggi l'Isis vive il momento più difficile della sua parabola e la sconfitta militare definitiva è sempre più vicina. Sarebbe stato un vero successo raggiungere un accordo con la Russia e porre le basi per sferrare un attacco congiunto a Raqqa che risolverebbe la questione in pochi mesi, la mancata intesa è un fallimento che offusca decisamente l'uccisione di un importante leader jihadista. Ne contempo, gli Stati Uniti hanno incassato anche il beneficio di una tregua tra l'esercito turco e le milizie curde nel nord del Paese, causa di un vero e proprio imbarazzo per Washington. La morte di al-Adnani per l'Occidente è la classica vittoria di Pirro perché la guerra all'Isis oggi è ancora lontana dal successo definitivo, perso tra le mille pieghe del caos siriano.