Wentzville, Missouri. Il 10 novembre 2016 è un giovedì da dimenticare per gli agenti della contea di St. Charles e lo è anche per tutta la comunità che ha appreso con dolore la notizia di un bambino di sole 6 settimane ridotto in fin di vita dal padre orco. J.B., queste le iniziali del nome della piccola vittima, era un bambino nato da una giovanissima coppia che condivideva un appartamento con un'altra donna in St. Charles Street.

Nelle foto di famiglia, il padre 19 enne, Robert James Burnette, appare soddisfatto con sua creatura sulle ginocchia.

La madre, Megan L. Hendricks, 20 enne, ha uno sguardo profondo. Da quegli scatti nulla farebbe pensare a quanto, tali giovanissimi genitori, potessero essere incapaci di accudire un minore. Ed è proprio per tale ragione che la tragedia si è consumata: J.B. era intento a fare ciò che un bambino è solito fare a quella età: piangere, ma il padre ha evidentemente perso la pazienza e ha tentato di recidergli le corde vocali infilandogli le dita nella gola. Il gesto folle è solo la punta dell'iceberg poichè la polizia ha appurato che i maltrattamenti si sono verificati a cavallo tra il 18 ottobre ed il 7 novembre, quando Robert ha infierito sul piccolo, scuotendolo violentemente, sbattendo la sua faccia sul letto, abbandonandolo lì e poi riprendendolo con violenza.

Tutto ciò ha causato, sul corpo dell'infante, varie fratture, un ematoma cerebrale, danni epatici. La madre, presente al momento dell'accaduto esattamente come la coinquilina, non ha fatto nulla per fermare Robert e per questa ragione su di lei pende un'accusa di complicità. La coinquilina, invece, risulta per adesso non indagata.

Secondo quanto affermato dalla dottoressa Linda Shaw del Cardinal Glennon Children's Hospital, la prognosi è infausta: difficilmente il bambino riuscirà a sopravvivere viste le lesioni ma, nel caso in cui miracolosamente ci riuscisse, la qualità della sua vita sarà il vero problema, poichè ci si attende che avrà gravi disturbi sia fisici che psicologici.

Il detective Sean Rosner, che si sta occupando della vicenda, ha avuto un colloquio sia con Burnette che con la Hendricks. Burnette ha ammesso di essere stato molto sgarbato nei confronti del figlio mentre la Hendricks ha raccontato di aver assistito ad altre vessazioni in precedenza, tre per la precisione. Rosner è anche venuto a conoscenza, tramite i genitori di Burnette, che il ragazzo aveva un'attitudine alla violenza. Aveva tentato di soffocare, accoltellare e annegare il fratello più e più volte negli anni, e per questa ragione aveva subito il ricovero in un istituto di igiene mentale. Dal canto suo, la Hendricks, ha dichiarato di essere consapevole dei problemi del ragazzo e di non sentirsi al sicuro ma di non aver mai trovato il coraggio per andare via o per chiedere aiuto perchè temeva la reazione di suo padre nei confronti di Burnette.

Per questo ha mentito anche ai medici, asserendo di non conoscere la ragione dei severi traumi fisici presenti sul corpo del figlio. Quello che non convince la polizia è il fatto che, nel raccontare tutto ciò, non ha mai tradito una singola emozione, la sua narrazione non è mai stata rotta da un pianto e, dulcis in fundo, non ha mai usato il nome del figlio per indicarlo. Per lei era semplicemente "il bambino".Burnette ed Hendricks dovranno comparire davanti la Corte il prossimo martedì mentre sulle sorti del figlio un'intera comunità incredula e addolorata resta col fiato sospeso.