La guerra in Siria dura da molto tempo e non si può dire con certezza quando finirà. Sappiamo solo che un intero paese è in rovine, e per varie ragioni. I cronisti di “Gli occhi della guerra” si sono spinti ancora una volta in Siria per costatare lo stato disastroso delle città, delle infrastrutture, dei piccoli villaggi, e l'immane sofferenza del popolo. Una nazione crocevia di mille culture caduta in una sanguinosa doppia guerra, quella civile e quella contro chi, secondo le parole del presidente Assad, alimenta i terroristi e favorisce l'uscita di scena del suo paese per non aver aderito ad un importante tracciato di pipeline.

Inoltre, ammonisce l'Europa per il doppio gioco. ”Da un lato ci porta la guerra in casa nostra e la conseguente ondata di profughi e dall'altro si rifiuta ad aiutarli”, il presidente prosegue dicendo che i siriani che sono andati via per ragioni lontane al benessere torneranno quando tutto sarà finito.

Le congetture di Assad

La liberazione di Aleppo e la tregua del cessate il fuoco siglata tra la Russia, la Turchia e l'Iran è senz'altro un passo importante. Ma sicuramente non basta per riappacificare l'intera Siria. Il presidente si dice contrariato per gli aiuti esterni che Turchia, Qatar, l'Arabia Saudita e molti paesi Occidentali offrono ai terroristi. E sostiene che senza questo appoggio la guerra potrebbe finire molto presto.

D'altro canto Assad elenca altre presunte concause della debacle e dell'embargo subito dal paese; il netto “NO” al gasdotto proposto dal Qatar. Un sistema di pipeline avrebbe contrastato gli accordi intrapresi da tempo con Russia, Iran e Iraq. Inoltre, sostiene che l'Occidente fosse restio nel vedere una Siria sviluppata come importante incrocio petrolifero e ferroviario.

Ottimismo sulla nomina di Trump

Assad da un lato si dice addolorato per la sorte dei profughi, ai quali augura un presto rientro in patria, e dall'altro si scusa per la sofferenza dei cristiani. Ma confida che un dialogo interreligioso sarebbe fondamentale per la ricostruzione del paese. Infine, Assad mostra un cauto ottimismo per la nomina di Donald Trump alla guida dell'America e afferma che se le relazioni tra le due potenze si mantengono strette potrebbero beneficiare a risolvere la lotta al terrorismo e al bene della Siria.