Il buon esito del referendum sulla legalizzazione della cannabis dell’8 novembre scorso negli Usa, quando anche California, Maine, Massachusetts e Nevada hanno aperto al mercato della marijuana legale, ha messo in fermento la potente industria degli alcolici. Da una parte c’è chi, come la Boston Beer Company, la Sacramento-based California Beer and Beverage Distributors Group e la Brown-Forman (distillatore del Gruppo Jack Daniel’s in Kentucky), vede la legalizzazione come un rischio per il proprio mercato. Dal lato opposto della barricata si piazzano, invece, altre compagnie come la Anheuser-Busch InBev e la celebre Budweiser, convinti che ai propri clienti piaccia sorseggiare una birra e, allo stesso tempo, fumare spinelli.
Per dare peso alla loro opinione, i produttori di alcolici contrari alla legalizzazione fanno proprie le conclusioni del Beer Institute secondo cui sono molti i potenziali rischi legati al consumo di marijuana. Lo studio appena citato punta, inoltre, il dito sulla presunta mancanza di dati provenienti da Colorado e Washington, i due Stati dove la cannabis è stata legalizzata per prima. Secondo questa ‘scuola di pensiero’, la birra fa parte della cultura americana da molti anni, mentre sulla marijuana troppe domande rimangono ancora senza risposta.
In realtà, i numeri che arrivano dal Colorado sono positivi per i produttori di alcolici. Infatti, I guadagni dalla vendita di birra sono aumentati del 4,5% nei primi 8 mesi dell’anno a Denver e dintorni.
Comunque sia, come confermano diversi studi statistici come quello dell’Istituto Cowen, l’aumento del consumo di cannabis non incide sul calo del consumo di alcol. Per questo motivo società come la Constellation Brands, che vende birra, vodka e tequila per conto di diversi marchi, crede che la marijuana possa essere utilizzata per dare gusto agli alcolici.
Esemplari, al riguardo, le parole pronunciate da Stewart Glendinning, responsabile della US-Canadian brewer Molson Coors, secondo il quale la “cannabis è qualcosa a cui stiamo pensando attentamente, non solo come un affare, ma anche come un’industria. Ci sono troppe cose che al momento ancora non sappiamo”.