Il nord della Siria è diventata l'area in cui si stanno concentrando gli sforzi degli "eserciti in gara" che, pur essendo formalmente nello schieramento anti-Isis, si combattono tra di loro. Al centro di queste vicende c'è la Turchia, con il suo esercito regolare che dispiega truppe di terra e aviazione, facendosi forte anche dei gruppi di miliziani che oltre a scontrarsi contro lo Stato islamico avversano il regime di Assad, protetto dalla Russia e dall'Iran. Le due aree dove la Turchia sta giocando un ruolo ambiguo, portatore di interessi strategici di non poco conto, sono diventate terreno di scontro, in una sorta di "Turchia contro tutti": Manbij, nel nord della Siria, e quella del governatorato di Aleppo intorno ad al-Bab, a nord-est.

Gli interessi dietro la campagna militare turca

A ovest della città di Manbij, precisamente a Arima e Kawkali, l'esercito turco continua a bombardare con artiglieria pesante gli avamposti dei gruppi militari kurdi, SDF e YPG, impegnati anche nella riconquista di Raqqa. La campagna turca in Siria chiamata "Scudo dell'Eufrate", è impegnata a limitare l'azione delle forze kurde per creare una zona cuscinetto sotto il proprio controllo. Il nord della Siria trasformato in regione autonoma dal popolo kurdo sotto il nome di Rojava, rappresenta una minaccia per il regime turco sia di carattere politico che economico dato che i suoi tre più importanti cantoni sono ricchi di materie prime: petrolio e gas naturale a Jazira, produzione di cereali e cotone a Kobane, olio d'oliva ad Afrin.

Quest'ultima presa di mira il 6 febbraio, con le medesime dinamiche militari: vi poi è il tentativo da parte delle autorità turche di issare una sorta di muro di confine tra due dei cantoni.

Tutti contro tutti e la Russia in mezzo

Su al-Bab quello che sta succedendo in queste ore ha del paradossale. La città nelle mani dell'Isis è stata accerchiata a sud dalle forze russe e governative del regime siriano e a nord dall'esercito turco e dalle milizie filo-turche contrarie ad Assad.

Durante l'attacco l'aviazione russa ha ucciso tre soldati turchi, ufficialmente per errore, ma al di là delle scuse formali di Putin al suo omologo Erdogan, non è ancora chiaro se questo accadimento sia stato un avvertimento: non allargarsi troppo. A ciò si aggiunga che le milizie filo turche sono entrate in contatto con l'esercito fedele al dittatore siriano, costringendo l'esercito russo ad intervenire per fermare gli scontri.

Se al-Bab è un nodo strategico sia per la Turchia che per la Siria, lo è anche per l'Isis, poiché rappresenta l'unica via di fuga verso sud-est dove ancoro vi sono avamposti jihadisti. Tocca dunque alla Russia mantenere l'ordine, viceversa i contendenti rischiano di far prevalere in questa faida interna proprio l'Isis.

Strage di civili per le mine anti-uomo

Intanto su Raqqa continua l'assedio delle forze kurde SDF. I jihadisti in fuga stanno seminando sotto terra o coperte da pietre decine di mine, che mettono a repentaglio la vita dei civili prima che dei gruppi armati. Infatti tutte le persone, compresi i bambini, che rimangono colpiti dagli ordigni muoiono prima di poter accedere a qualsiasi cura.

L'area coperta dal pericolo mine è enorme e bonificarla diventa quasi impossibile dal gruppo di artificieri kurdi, poiché mancano strumenti appropriati e tempo per poter attivare un intervento efficace.