Nel suo tentativo di trovare un Ospedale nel quale poter abortire, una donna padovana di 41 anni si è vista respingere da qualcosa come 22 strutture prima di riuscire a trovarne una con medici disposti a prendersi carico del suo caso. L'inquietante storia, emersa grazie al Gazzettino, racconta con sconcertante precisione a quale lungo ed a volte infruttuoso calvario debba sottoporsi in certi casi in Italia una donna che vuole effettuare un'interruzione volontaria di gravidanza, nonostante persino Papa Francesco abbia aperto al perdono per le donne alle quali è capitato di praticarla..

L'ostacolo dell'obiezione di coscienza

Proprio nei giorni nei giorni scorsi questo argomento è tornato prepotentemente di attualità, a causa del concorso all'ospedale San Camillo-Forlanini di Roma per l'assunzione di due dirigenti medici non obiettori. Il problema del trovare dottori disposti a praticare aborti è particolarmente forte in alcune regioni d'Italia, tra le quali spicca il veneto, con una percentuale di ginecologi obiettori ben al di sopra del 70% e con svariati comuni nei quali riuscire a sottoporsi ad un'interruzione di gravidanza è un'autentica corsa ad ostacoli.

Non solo i ginecologi, ma anche gli anestesisti

Lo sa bene la donna padovana di 41 anni che, in cerca di una struttura dove praticare un'interruzione della sua terza gravidanza si è vista respingere da 22 ospedali: quando lo scorso dicembre si è resa conto di essere incinta, la protagonista di questa storia ha optato per l'aborto dopo aver parlato con uno psicologo, quando il secondo mese era già iniziato, ed è a questo punto che è iniziato il suo calvario.

Le risposte che si è sentita dare sono state le più disparate: mancanza di posti, medici in ferie, tutti i dottori sono obiettori. Come se non bastasse, le è stato spiegato che esiste anche la necessità di trovare un anestesista non obiettore, non solamente un ginecologo.

Un rifiuto dopo l'altro

Dopo essere stata respinta da 22 ospedali non solo in Veneto, ma anche in Friuli ed Alto Adige, la donna ha fortunatamente pensato di rivolgersi alla CGIL di Padova, che si è attivata per risolvere la situazione, riuscendo a far abortire la donna proprio nell'ospedale di Padova dove era iniziata la sua "via crucis".

L'interruzione di gravidanza è avvenuta in prossimità dei 90 giorni di gestazione, il limite temporale oltre il quale la legge 194 consente di praticare l'aborto solo per motivi di natura terapeutica.

'Offensivo e doloroso'

"Mi domando che senso abbia fare una legge per dare diritto di scelta e poi non mettere nessuno nelle condizioni di farlo", ha commentato la protagonista di questa storia.

"Lo trovo offensivo, inutilmente doloroso". Le ha fatto eco il segretario padovano della CGIL, Christian Ferrari, secondo il quale "se serve un sindacato per ottenere un diritto che dovrebbe essere garantito dallo Stato il problema è davvero grosso".