Folle di astio e di gelosia. Sospettava che il clochard, che pure conosceva bene e con cui mangiava ogni giorno alla mensa dei poveri, avesse una storia con sua moglie dalla quale si era da poco separato. Un delitto orrendo e un movente ancora più assurdo: si chiama Giuseppe Pecoraro, ha 45 anni e fa il benzinaio, il responsabile dell'omicidio del povero Marcello Cimino, 45 anni anche lui, il senza fissa dimora bruciato vivo per strada l'altra notte a Palermo. L'assassino lavorava a pochi metri dalla missione di San Francesco dei Cappuccini nel cui porticato dormiva in un giaciglio di fortuna Cimino e dove è avvenuta la bruale esecuzione

La confessione dopo l'interrogatorio

Gli agenti erano andati a cercarlo perché sapevano che era lui.

Non era in casa e l'hanno trovato che vagava in strada, come poi ha raccontato il capo della Squadra Mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti. Pecoraro si era tagliato la barba credendo di non essere riconosciuto e aveva provato ad occultare diverse bruciature e ustioni che aveva sul corpo, specie una molto vistosa alla mano.

Bloccato in strada e accompagnato in Questura, il benzinaio è stato interrogato. Quando gli inquirenti gli hanno chiesto ragione della bruciatura alla mano, l'uomo ha sostenuto di essersi ustionato con la macchinetta del caffè. Ma gli investigatori non li hanno creduto: avevano già acquisito informazioni che lo inchiodavano: l'esame attento delle agghiaccianti immagini delle telecamere di videosorveglianza che hanno registrato l'esecuzione, quindi i riscontri, le testimonianze raccolte.

Giorni prima che Cimino venisse arso vivo, i due uomini avevano avuto un litigio: Pecoraro non gradiva che il senza fissa dimora corteggiasse la moglie da cui si era separato. Ha covato odio e gelosia di Cimino a lungo, pur incontrandolo ogni giorni al refettorio non lontano dal distributore dove Pecoraro come il senza fissa dimora, andava a mangiare finito il suo turno di lavoro.

Dopo mezz'ora di interrogatorio l'uomo è crollato e ha confessato il suo delitto.

L'occhio delle telecamere ha inchiodato l'assassino

Fondamentale per risalire all'omicida e inchiodarlo alle sue responsabilità, è stata la presenza delle telecamere all'ingresso della missione di San Francesco dei Cappuccini. Dal momento in cui l'altra notte Giuseppe Pecoraro è arrivato, tutto vestito di nero e incappucciato, al porticato dove Marcello aveva allestito il suo giaciglio di fortuna per dormire, sempre in compagnia di un amico, Fabio, che oggi si sente miracolato perché si era allontanato per andare al bagno in un bar nelle vicinanze, a quando l'uomo ha versato la benzina e ha appiccato il fuoco, le telecamere hanno ripreso tutto permettendo agli inquirent di acquisire elementi probanti fondamentali per risalire a Pecoraro: le fiamme hanno investito anche lui.

Le bruciature sul corpo e sulla mano sono diventate la 'firma' del suo spietato delitto. Marcello, separato da circa tre anni dalla moglie, aveva due figlie, era schivo, non amava parlare delle circostanze che l'avevano portato a vivere in strada, ma si faceva aiutare volentieri dai volontari della comunità di Sant'Egidio che gli portavano pasti e indumenti. Ed era pronto a ricambiare l'aiuto con un sorriso.