Prima, storica condanna per l'italia a causa di un atto di violenza domestica contro una donna e suo figlio. La Corte europea dei diritti umani si è espressa oggi in merito ai fatti che accaddero nel 2013 presso una famiglia di Remanzacco, in provincia di Udine. L'accusa mossa allo stato italiano è quella di non aver protetto la donna e il figilio dalla violenza dell'uomo.

Storica condanna contro l'Italia: la decisione della Corte dei diritti umani

La Corte dell'Unione Europea ha condannato nuovamente l'Italia perchè 'non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, le autorità italiane hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che in fine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio'.

Si tratta della prima condanna contro lo stato italiano per un caso di violenza sulle donne. La Corte dell'Unione Europea ha accusato l'Italia di aver violato diversi articoli che difendono i diritti umani, precisamente l'articolo 2 che tutela il diritto alla vita, il 3 per il divieto di trattamenti inumani e degradanti ed infine l'articolo 14, ovvero quello che riguarda il divieto di discriminazione, tutti diritti che fanno parte della convenzione europea dei diritti umani. Se le parti in causa non presenteranno ricorso, tra tre mesi i giudici di Strasburgo esprimeranno la sentenza definitiva.

Violenza domestica contro una donna e il figlio: cosa successe nel 2013

I fatti di violenza sulla donna e sul figlio risalgono al 26 novembre 2013, quando Andrea Telpis uccise suo figlio di diciannove anni, tentando anche di ammazzare la moglie Elisaveta.

Un delitto annunciato, visti i ripetuti atti di violenza che l'uomo aveva commesso nei confronti di sua moglie e del giovane figlio. Lo stesso parroco di Remanzacco, dopo l'omicidio, aveva rimproverato lo Stato e la magistratura per non esser intervenuti prima che si perpetrasse il delitto. Per ordine della Corte Europea, la donna riceverà 30 mila euro per danni morali e 10 mila per le spese legali.