"Non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, leciti per le leggi vigenti nel paese d'origine, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante", questa la sentenza definitiva a proposito di un contenzioso tra il comune di Mantova e un indiano Sikh. Il soggetto infatti usava portare sempre con sè un grande coltello tipico della cultura indiana, in contrasto con le linee di sicurezza sociale previste dalle normative vigenti in Italia. L'indiano Sikh era ricorso in appello dopo che il comune di Mantova, nel 2015, lo aveva condannato ad un ammenda di 2000 euro per possesso di arma bianca.

Il coltello era infatti trasportato dal soggetto in ogni occasione, come avviene di fatto nel suo paese di origine. L'arma era lunga quasi venti centimetri, trasportata alla cintola dell'indiano.

Tradizione religiosa

Il kirpan (tipico coltello indiano), secondo il soggetto, era necessario al mantenimento della tradizione religiosa. L'arma doveva essere sempre portata con sè, così da poter rispettare le usanze Sikh, tipiche della regione del Punjab, a nord ovest dell'India. In un primo momento la Procura della Suprema Corte aveva accolto la richiesta dell'imputato, giustificando la motivazione religiosa del suo gesto. In un secondo momento però, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha invece ribaltato la sentenza, obbligando il soggetto a pagare l'ammenda, sostenendo che "è essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale".

Corte Suprema impone rispetto usanze

Le reazioni dei principali partiti politici a tal proposito non hanno tardato a comparire. La sentenza "non fa sconti a nessuno", afferma Forza Italia, la quale nella voce della deputata Daniela Santanchè sentenzia che "magari domani potevamo imbatterci in una bella carovana di elefanti che trasportavano merci di ogni genere".

La reazione del Partito Democratico invece è: "Speriamo che ora non sia usata come una clava dai vari Salvini". Queste le parole di Emanuele Fiano, il quale aggiunge: "A noi preoccupa la fanfara della xenofobia che userà una sentenza che difende un corretto uso del diritto di tutti come un'arma nei confronti di qualcuno". E il pericolo è proprio questo: una strumentalizzazione denigratoria giustificata dall'illecito, nei confronti del quale giustamente, la Corte di Cassazione ha emesso la corretta sentenza.