Una volta per tutte: la Corea del Nord non è la Siria. Se in Medio Oriente, Donald Trump ha potuto mostrare i muscoli con il raid punitivo giustificato dal presunto attacco chimico contro i civili di Khan Sheikun che, secondo la Casa Bianca, sarebbe stato effettuato dal governo di Damasco, la crisi nella penisola coreana sta mettendo in luce un crescente imbarazzo dalle parti dello Studio Ovale. La presenza della flotta statunitense nel Mare del Giappone ed il sistema anti-missili THAAD installato in Corea del Sud sembrano non preoccupare Kim Jong-un, il cui ultimo test missilistico è decisamente il più minaccioso mai effettuato dalle sue forze armate.

Il vettore partito da Kusong ed inabissato nel mare nipponico, dopo aver percorso circa 700 km, è in grado di trasportare testate nucleari e, se lanciato dalla giusta angolazione (il lancio è stato effettuato su una traiettoria quasi verticale, ndr) può centrare obiettivi fino ad una distanza di oltre 4.000 km. Ciò significa che tanto la base statunitense di Guam, quanto lo Stato delle Hawaii non sono al sicuro. Trump cerca di mantenere un atteggiamento di distaccata superiorità, Kim sembra non curarsene: siamo dell'avviso che nessuno dei due voglia arrivare ad una guerra che, fermo restando la superiorità dell'arsenale bellico statunitense, avrebbe comunque conseguenze disastrose per entrambi e per i Paesi confinanti.

Ma in questa delicata partita a scacchi, basta una mossa sbagliata per scatenare imprevedibili reazioni. A proposito di confini, si è sempre detto che la fortuna storica della Corea del Nord sia stata quella di trovarsi geograficamente tra due potenze come Russia e Cina. Trump avrebbe cercato di rivoltare questo aspetto a proprio vantaggio, anche se gli effetti non sono stati quelli sperati.

Tra Cina e Russia

Portare la Cina a schierarsi apertamente dalla parte di Washington nella crisi coreana. Era uno degli obiettivi di Trump, ma non è riuscito. La posizione di Pechino è molto delicata, sebbene i rapporti con la Corea del Nord siamo ormai ai minimi storici, perché la presenza del piccolo Stato comunista è comunque utile a porre un freno a quella che, negli anni, sarebbe stata una naturale egemonia statunitense nella penisola.

Ad ogni modo, Xi Jinping non ha alcun interesse a supportare il vecchio alleato e sta facendo di tutto per esercitare una forte pressione diplomatica su un Paese strettamente connesso con la Cina dal punto di vista economico, ma continua a fidarsi poco della politica degli States. "Non sarei contento di un altro test missilistico", aveva detto Trump al suo omologo cinese. Il nuovo lancio c'è stato, manca la risposta americana che, stavolta, non è stata neppure rappresentata dai consueti moniti. Il presidente degli Stati Uniti ha invece preferito cambiare obiettivo, visto che dal governo cinese non può aspettarsi altro che un prosieguo della via diplomatica, peraltro infruttuosa allo stato attuale.

La nuova 'frecciata' è stata pertanto indirizzata verso il Cremlino. "Il nuovo missile nordcoreano è caduto più vicino alla Russia che al Giappone - ha detto - e non posso immaginare che alla Russia sia piaciuto". La replica di Vladimir Putin, però, è stata di ben altro tono. Sebbene il presidente russo abbia definito il test "controproducente e pericoloso", ha ribadito che non c'è stato nessun rischio per i propri confini. "Il missile è caduto molto distante dal nostro territorio". Mosca non ha certo intenzione di schierarsi in questa vicenda e continua a spingere per una soluzione pacifica. "Bisogna lavorare per risolvere pacificamente la questione e, sebbene siamo contrari all'allargamento delle potenze nucleari, chiediamo anche di fermare le intimidazioni nei confronti di Pyongyang", ha aggiunto.

Il 'rimpiattino' di Trump tra Cina e Russia, pertanto, non ha avuto alcun effetto. Tanto Mosca quanto Pechino sono contrarie allo sviluppo nucleare nordcoreano, ma considerano pericolosa la presenza della flotta statunitense nel Mare del Giappone. Come dire chiaramente che, in caso di guerra, tanto Kim quanto Trump saranno considerati responsabili. La patata bollente nelle mani del miliardario diventato presidente si fa decisamente incandescente.