Riarrestata domenica 4 giugno in Arabia Saudita Loujain Alhathloul, l’attivista per i diritti delle donne già arrestata l’1 dicembre 2014 e detenuta per 73 giorni dopo un tentativo di passare il confine tra gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. L’arresto è avvenuto all’Aeroporto Internazionale King Fahad di Dammam.
“La continua molestia delle autorità dell’Arabia Saudita a Loujain Alhathloul è assurda e ingiustificabile – ha dichiarato Samah Hadid, direttore delle campagne di Amnesty International nel Medio Oriente – Sembra che sia stata presa come bersaglio ancora una volta per il suo lavoro pacifico come difensore dei diritti umani e voce per i diritti delle donne, che nel regno sono molto ostacolati.
Se è così deve essere rilasciata immediatamente e senza condizioni. Invece di mantenere la promessa di un’Arabia più tollerante, il governo ha ancora schiacciato ogni nozione di cosa sia davvero raccomandato per mantenere uguaglianza e diritti umani”.
Stando alle informazioni raccolte e fornite da Amnesty International, Loujain sarebbe stata portata da Dammam a Riyadh alle 17.30 locali per essere interrogata dal Bureau di Indagine e Accusa, non avrebbe accesso ad un avvocato e non le sarebbero stati permessi contatti con la sua famiglia. Non è conosciuta l’esatta ragione del suo arresto ma Amnesty crede che sia correlato alle sue attività di attivista.
L'ossimoro
L’Arabia Saudita lo scorso 19 aprile è stata eletta per un ruolo nella Commissione sullo Stato delle Donne delle Nazioni Unite, una nomina che ha suscitato non poche polemiche.
La ONG Human Rights Watch l’ha chiesto apertamente: “Come può questo governo repressivo trattare con le donne saudite che lottano per ottenere proprio gli obiettivi affermati dalla commissione?”
L’Arabia Saudita rientra tra i paesi che applicano la Sharia (la legge islamica) nella sua forma più piena ed il World Economic Forum ha dato al paese il 141° posto su 144 in termini di parità di genere nel 2016.
Lì per inciso ha sempre regnato il sistema della guardia maschile. Solo negli ultimi tempi le cose sembrano essere un po’ cambiate, lo scorso 17 aprile il re Salman ha dato l’ordine a tutte le agenzie governative di non negare alle donne l’accesso ai servizi del governo. Stando però a quanto comunicato da Human Rights Watch, rimarrebbero delle operazioni che sarebbero possibili per le donne solo con il consenso dell’uomo loro guardiano (che sia padre, marito, fratello o addirittura figlio): viaggiare all’estero, ottenere un passaporto, sposarsi.
Una tremenda opportunità
“L’Arabia Saudita ha una tremenda opportunità di spogliarsi delle vesti del sistema della guardia e dovrebbe usare il periodo dei tre mesi ordinato da Re Salman per dichiarare immediatamente tutte le richieste di consenso dei guardiani nulle e vuote – ha dichiarato Sarah Leah Whitson, direttore del Medio Oriente per Human Rights Watch – Il Re dovrebbe anche richiedere alle agenzie di stato di prevenire discriminazioni da individui ed aziende”.