La Cassazione apre alla possibilità di un differimento della pena o di arresti domiciliari per il boss Totò Riina, che potrebbe così godere della scarcerazione perché, si legge nella sentenza della Suprema Corte, "ha diritto a morire dignitosamente" secondo il principio di umanità della pena da garantirsi a ogni detenuto. Accolto, quindi, il ricorso presentato dai legali del capo di Cosa Nostra, con conseguente annullamento con rinvio della decisione del Tribunale di sorveglianza di Bologna: il rigetto della richiesta della difesa aveva negato i benefici al super detenuto, che si trova in regime 41 bis (il cosiddetto "carcere duro").

Ipotesi scarcerazione per Riina

Il capo dei capi ha 86 anni, 24 dei quali vissuti in carcere dopo l'arresto del 1993 (avvenuto in seguito a una latitanza di 23 anni). Vista la sua età e le gravi condizioni di salute sopraggiunte, la Corte di Cassazione ritiene opportuna una valutazione dell'attuale pericolosità nonostante il suo notevole e indiscutibile spessore criminale. Sulla base di queste indicazioni, dunque, sarà il Tribunale di sorveglianza di Bologna a doversi esprimere in merito all'istanza dei legali del boss, finora respinta. Il Totò Riina di oggi, quindi, potrebbe presto lasciare il carcere, in virtù del diritto a morire dignitosamente, inalienabile per ogni detenuto. La difesa ha presentato ricorso per chiedere nuovamente il differimento della pena o, in subordine, i domiciliari.

Il rigetto del Tribunale di sorveglianza

Il Tribunale di sorveglianza di Bologna aveva rigettato la richiesta dei legali omettendo, secondo la Cassazione, una valutazione circa il "complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico". Istanza rigettata, dunque, perché per il giudice non sussistevano incompatibilità tra il regime carcerario e le patologie di Riina.

Per le stesse, attraverso un costante monitoraggio medico, il capo di Cosa Nostra ha ricevuto cure ospedaliere a Parma, con ricoveri secondo necessità.

Cosa dice la Cassazione su Riina

Ma il giudizio del Tribunale di sorveglianza non trova il pieno favore della Cassazione, che ha sottolineato come occorra un'attenta verifica per stabilire se la detenzione in carcere possa comportare una situazione di sofferenza tale da violare la "legittima esecuzione di una pena".

Il quadro clinico di Totò Riina, al pari di quello di tutti i detenuti, influenza quindi la considerazione sull'opportunità di mantenere in piedi il regime carcerario. Il boss è affetto da una duplice neoplasia renale, una seria cardiopatia e una sofferenza neurologica importante. Nella sentenza di Cassazione si legge che il detenuto presenta l'impossibilità a stare seduto e le sue condizioni potrebbero evolvere in imprevedibili eventi cardiovascolari dall'esito infausto.