Con parole di una durezza inaudita un ragazzo di 16 anni ha cercato di spingere una sua coetanea al suicidio programmato dall'ormai famigerato Blue Whale. Le ha ricordato che una volta entrati nel gioco non si può evitare l'ultima prova e l'ha spinta a gettarsi dall'edificio più alto, come indica l'ultima e fatale regola del gioco, Con queste indicazioni date un 16enne di Catania ha intimato ad una sua coetanea di continuare il gioco suicida tramite una chat a cui entrambi appartenevano ed ora è stato identificato dalla polizia postale di Catania e denunciato per istigazione al suicidio.

Le indagini della polizia

La polizia aveva fatto partire le indagini perchè allarmata da un'amica della ragazza, che aveva prove certe che la compagna fosse caduta nella rete del gioco suicida e che stesse seguendo le 50 regole dettate dai tutor. La polizia ha infatti esaminato lo smartphone della 16enne trovando la chat in cui erano ancora registrate le frasi di istigazione al suicidio da parte del coetaneo. Appena avuta la conferma della sua appartenenza al Blue Whale e temendo il passo successivo, cioè il suicidio, le forze dell'ordine si sono attivate sequestrando tutti i dispositivi elettronici dei ragazzi implicati e perquisendo soprattutto l'istigatore. Sospettano infatti che possa aver effettuato altri adescamenti o istigazioni oltre a questa.

Dopo la denuncia il ragazzo ha ammesso la sua partecipazione al Blue Whale e i messaggi sulle chat con i suoi contatti e ha confessato di essere stato a sua volta adescato tramite Instagram.

Il ruolo dei genitori

Purtroppo ai genitori dei ragazzi che entrano in contatto col Blue Whale sfuggono i primi segnali perchè oltre alle regole vengono diffusi anche accorgimenti per tenere nascosta la partecipazione.

Molto spesso i minori sono stati tratti in salvo per intervento di amici, che hanno denunciato la loro appartenenza al gruppo, o perchè i genitori si sono accorti di ferite e tagli autoinferti, che dopo i numerosi articoli sul fenomeno, sono ora facilmente ricollegabili al Blue Whale. Nel caso di Catania l'apporto dei famigliari è stato decisivo nel controllo dei dispositivi elettronici: i genitori della ragazza, informati dalla polizia postale, hanno proceduto all’analisi dello smartphone della figlia ed hanno riferito alla polizia l'esatta sessione della chat istigatrice. I genitori del giovane istigatore sono stati caldamente "invitati" a monitorare costantemente il comportamento del figlio, nonchè i suoi accessi sul web.